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Don Mauro Galli - Il Giorno |
Il patteggiamento è stato riconosciuto dalla seconda sezione penale della Corte d'Appello milanese con l'attenuante del risarcimento del danno (il giovane e i familiari non erano parti civili) e con le attenuanti generiche. E soprattutto con la riqualificazione del reato da violenza sessuale ad atti sessuali con minorenne, con «abuso della situazione di cura e affidamento», e con il riconoscimento anche dell'attenuante della «minore gravità» dei fatti. Una pena così concordata non porta in carcere il sacerdote anche se è stata sostituita, stando alla sentenza, con quella della detenzione domiciliare. In primo grado don Galli era stato condannato a 6 anni e 4 mesi di reclusione, poi in appello la pena era stata ridotta a 5 anni e 6 mesi e, infine, la Cassazione aveva annullato, con rinvio ad un altro processo di secondo grado, la condanna.
Per la Chiesa il caso è particolarmente imbarazzante. Il parroco Galli, infatti, fu denunciato prima alla Chiesa (la diocesi di Milano inizialmente si limitò a spostarlo da una parrocchia ad un'altra) e poi nel 2015 ai carabinieri. La quinta sezione penale del Tribunale di Milano lo condannò in primo grado a 6 anni e 4 mesi di carcere, ma la giustizia ecclesiastica (che nel frattempo si era avviata) aveva di fatto assolto il sacerdote condannato. La famiglia della vittima ha sempre lottato contro i silenzi della Chiesa e nemmeno era riuscita ad ottenere gli atti del processo canonico anche se Papa Francesco con un decreto alcuni hanno fa ha tolto il segreto pontificio sui casi relativi agli abusi sessuali.
Volendo conoscere i motivi per i quali don Mauro Galli era stato ritenuto dal tribunale ecclesiastico parzialmente non colpevole dei fatti, la vittima aveva fatto richiesta alla diocesi lombarda che, per tutta risposta, aveva spiegato alla vittima di non potere consegnare nessun documento in quanto la legge approvata da poco da Papa Francesco (relativa alla abolizione del segreto pontificio) non ha il carattere della retroattività. Ad oggi è impossibile conoscere i motivi che portarono i giudici del Tribunale Ecclesiastico Regionale Lombardo a formulare una sentenza del genere.
«Stante dunque la vigenza del segreto pontificio il tribunale non ha potuto dare informazioni (…) né rispondere ad eventuali richieste» si leggeva nella lettera ricevuta dal ragazzo. Don Mauro Galli aveva avuto una sentenza dimissoria, ossia non assolutoria piena. Gli atti del processo canonico sono ancora in Vaticano, alla Congregazione della Fede, per una ulteriore verifica di cui nessuno ha più saputo nulla. Il porto delle nebbie.
Il caso Galli per la Chiesa tira in ballo anche il ruolo avuto da monsignor Delpini, oggi arcivescovo di Milano ma all'epoca dei fatti, dirigente della diocesi. Don Galli fu denunciato alla curia nel 2012 ma, per tutta risposta, l'anno successivo il prete, don Mauro Galli, fu spostato in una altra parrocchia lombarda e sempre a contatto con dei minori.
La mamma del ragazzo, con il coraggio di una leonessa, ha scritto reiteratamente al Papa, ai presidenti della Cei che nel frattempo si sono succeduti, ma senza mai avere avuto con loro né un conforto, né una udienza.