giovedì 18 maggio 2023

Vaticano
Cardinale Matteo Zuppi (Kyiv) e l'Arcivescovo Claudio Gugerotti (Mosca): ecco la "missione" di pace del Papa per trovare un'accordo che consenta la firma di una tregua e l'inizio di un dialogo tra l'Ucraina e la Russia

I Presidenti Zelensky e Putin, separatamente, hanno accettato colloqui con Inviati speciali del Santo Padre per discutere e raggiungere una tregua. Le questioni preliminari sono molto complesse e per ora sembra che i progressi siano molto limitati. Negli ultime settimane però sono cambiati alcuni scenari importanti

(L.B., R.C. - a cura Redazione "Il sismografo") Da quando Papa Francesco ha annunciato a sorpresa l'esistenza di una "missione" di pace per mettere fine alla guerra russa contro l'Ucraina, sono passati solo 17 giorni e non mesi come si potrebbe pensare se si tiene conto dell'evolversi piuttosto vertiginoso della vicenda in questo breve lasso di tempo. In quasi tre settimane sono cambiate molte cose importanti, sia nella realtà del conflitto sul campo, sia nell'arco delle vie possibili per la ricerca della pace oggi. Molte analisi e ipotesi dei primi giorni di questo mese di maggio già oggi sono superate. L'entrata in campo della Cina con un Inviato di altissimo livello, Li Hui, che già ha visitato Kyiv, il rinnovo per due mesi dell'accordo sul grano, l'arrivo di materiale bellico tecnologicamente superiore, la visita di Zelensky in Italia per incontrare S. Matarella, G. Meloni e Papa Francesco, tappa dello strategico tour europeo del Presidente ucraino (Roma, Berlino, Parigi e Londra), l'ennesima visita di Ursula von der Leyen a Kyiv, sono alcuni dei fatti nuovi che hanno cambiato il panorama rispetto a qualche settimana fa. Tutti questi eventi recenti rendono ancora più illeggibile l'incognita sulla "missione" [di pace] annunciata dal Santo Padre sull'aereo che lo stava riportando in Italia dall'Ungheria lo scorso 30 aprile.
** Papa Francesco sull'aereo
Tornando da Budapest dopo una visita di tre giorni, il Pontefice ha detto: "A tutti interessa la strada della pace. Io sono disposto, sono disposto a fare tutto quello che si deve fare. Anche adesso è in corso una missione, ma ancora non è pubblica, vediamo... Quando sarà pubblica ne parlerò." (fonte)
Perché il Pontefice si è espresso in questo modo sull'aereo?
Perché erano stati già scambiati, tramite le rispettive Rappresentanze diplomatiche, i messaggi che chiedevano a Kyiv e a Mosca di valutare la possibilità di ricevere Inviati del Papa per discutere sull'eventualità di aprire un percorso negoziale che porti ad una tregua. I due governi in una risposta interlocutoria dichiararono la loro disponibilità di massima. Al tempo stesso posero alcune questioni importanti: in primo luogo precisare se gli Inviati sarebbero stati due o uno solo per le due capitali; le parti hanno chiesto inoltre i dati degli eventuali Inviati che consentissero loro di tracciare un profilo biografico del o dei Rappresentanti papali. I nomi di queste personalità per Mosca e Kyiv è ritenuta della massima importanza. In questo passaggio ci sono accordi preliminari sui nomi del Cardinale Matteo Zuppi (Kyiv) [1] e dell'Arcivescovo Claudio Gugerotti (Mosca) [2], ma non è detto che questi nomi siano definitivi. Tutti e due devono avere un agreement.
Le smentite
A questo si riferisce specificamente Papa Francesco quando, il 30 aprile, sull'aereo, ha detto: "Adesso è in corso una missione, ma ancora non è pubblica, vediamo... Quando sarà pubblica ne parlerò."
La Santa Sede nella sua proposta, fin dagli inizi ha chiesto alle parti "assoluto riserbo" e lo ha fatto con giustificata insistenza.
Forse il Papa non avrebbe dovuto fare nessun riferimento alla "missione non pubblica" ma è un suo diritto agire come considera necessario e opportuno.
Il fatto è che poche ore dopo le parole di Francesco, da Mosca e Kyiv (1° maggio) sono arrivate smentite quasi identiche: "non siamo a conoscenza di nulla". In realtà, tramite i propri canali, la Russia e l'Ucraina, Putin e Zelensky, erano a conoscenza dei primi passi della "missione" ma la reazione istintiva è stata quella di ammettere di 'non sapere nulla'. Non conosciamo le ragioni diverse di Kyiv e di Mosca ma nel concreto sembrerebbe che i rispettivi apparati diplomatici hanno voluto tenere fede alla richiesta vaticana: mantenere "assoluto e massimo riserbo".  
Le precisazioni del card. Pietro Parolin
Il Segretario di stato, card. Pietro Parolin, ha ritenuto di dover chiarire alcuni passaggi che hanno creato confusione inviando, con eleganza e mitezza, alcuni messaggi alla diplomazia russa e ucraina.
Mercoledì 3 maggio
Il card. Parolin, il 3 maggio scorso, ha spiegato: "Il Papa ha detto che ci sarà una missione che sarà annunciata nel momento in cui sarà pubblica e io ripeto le stesse espressioni che lui ha usato. Non entro nei particolari. Il Papa ha parlato in questi termini, lasciamo a lui di dare eventuali e ulteriori informazioni”. Il porporato si è dichiarato sorpreso dal fatto che sia Kyiv che Mosca avessero detto di non sapere nulla e poi ha sottolineato: "A suo tempo le parti sono state informate. In mezzo ai meandri della burocrazia, può darsi che le comunicazioni non arrivino dove devono arrivare. Però le mie sono solo interpretazioni, io so che sono state informate le due parti”. (fonte)
Mercoledì 10 maggio
Il cardinale Segretario di stato è tornato sulla questione della "missione" per ribadire che il Vaticano non si ferma. "Credo proprio che si andrà avanti", ha precisato e poi ha aggiunto: "Sì, ci sono novità ma naturalmente a livello riservato. La cosa credo comunque che sia stata spiegata e credo che si andrà avanti". Sulle dichiarazioni di Mosca e Kyiv quando giorni fa i due Stati hanno detto di non sapere nulla, il porporato ha osservato: "Non sono state smentite, avevano detto di non saperne nulla ma poi ci sono stati contatti da ambo le parti dove si è chiarito che si è trattato di un misunderstanding, un equivoco". (fonte)
Rebus risolto ma la missione è in salita
Questo generoso tentativo della diplomazia vaticana per volere del Papa, esiste sul campo da diverse settimane. In questo mese, come già ricordato, sono cambiati non poco i diversi volti della crisi. Quindi la principale domanda invita a riflettere su un fatto incontestabile: oggi lavorare per una tregua è il percorso più realistico?
Le perplessità delle parti e degli esperti sono molte
Le due principali perplessità vengono da Kyiv, che non accetta nessuna tregua perché la ritiene un "congelamento" (della situazione militari), cosa che favorisce le posizioni acquisite dalla Russia. Mosca, da parte sua, vede con simpatia la tregua-congelamento poiché non deve arretrare, non deve combattere e, per di più, può riprendere fiato. Insomma, la tregua, con il passare dei giorni, dal 30 aprile ad oggi, è diventata sempre più difficile da proporre con buone possibilità di successo.
Poi, il Presidente Zelensky, che sempre ha sottolineato al primo posto delle priorità la difesa dell'integrità territoriale – questione immensamente complicata! – affronta ora un'altra insidia che deve fermare con determinazione: che nei settori dell'opinione pubblica interna e internazionale, e forse anche delle Forze armate ucraine, il Cremlino possa insinuare con abilità subdola che esiste un negoziato segreto con Kyiv. Non sono pochi gli esperti che in questi giorni hanno letto la disponibilità di Putin verso questa "missione" (per la prima volta in 15 mesi di guerra) come un modo di aprire una breccia nella compattezza ucraina.
A questo punto sembra probabile che la "missione", per ora, si sia impantanata. Le parole del Ministro ucraino degli Affai esteri, Dmytro Kuleba, all'Inviato cinese, Li Hui, sull'integrità territoriale non negoziabile sono perentorie.
Parolin: senza l'Ucraina nulla è possibile
In questo nuovo contesto, le parole, ieri, del Segretario di stato, card. Pietro Parolin, a Reykjavik, in Islanda, intervenendo al Summit dei Capi di stato e di governo del Consiglio d’Europa, sono nuove e rilevanti poiché cambiano l'ottica vaticana sul conflitto. Il porporato ha detto: "Insieme a Papa Francesco dovremmo chiedere, insieme all’Ucraina, come creare la pace: non possiamo accettare passivamente che la guerra di aggressione continui in quel Paese. È il popolo ucraino che sta morendo e soffre. È il momento di prendere iniziative per creare una pace giusta in Ucraina e in tutte le cosiddette aree grigie in Europa. Vi garantisco che la Santa Sede continuerà a fare la propria parte”.(fonte)
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[1] Arcivescovo di Bologna, Italia, Presidente della Conferenza Episcopla Italiana (CEI)
[2] Arcivescovo, Italia. Prefetto della Congreazone per le Chiese Orientali