(Angelo Scelzo - Il Mattino) Vogliono prendere la terra e i pascoli che appartengono ad altre etnie nel Paese. Sono invisi a tutta la gente.
Fortunatus Nwachukwu, Arcivescovo nigeriano 61 anni, da 27 nel servizio diplomatico del Papa, è originario della diocesi di Umuahia, nella parte meridionale del Paese, non lontano da Owo, dove è avvenuto il massacro. A Ginevra da poco meno di un anno è Osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite. «Siamo di fronte a un'altra, atroce tappa di un genocidio che prende sempre più corpo. Ne ho parlato più volte a Ginevra e a tutti i livelli, a cominciare dal presidente del consiglio per i diritti umani. Non si può parlare nè di un episodio e neppure di una crisi. Il termine giusto è quello di pulizia etnica. È questo che si prepara nel mio Paese».
Sembra che lei abbia pochi dubbi anche sulle responsabilità...
«Sono da tempo sotto gli occhi di tutti. Le scorrerie, i soprusi e le violenze dei Fulani hanno allargato il clima di terrore in un Paese già falcidiato dalla violenza terroristica, e nel quale la chiesa cattolica continua a pagare il prezzo più alto. È una chiesa-martire».
Quali sono le rivendicazioni al centro delle violenze?
«La terra, i pascoli. E gli scellerati inviti fatti del governo in carica, perfino ai giovani pastori che praticavano il nomadismo fuori dalla Nigeria, a rientrare e occupare, anzi impadronirsi di territori che appartengono ad altre etnie. Il governo fa leva sui numeri. Ma i Fulani in tutta la Nigeria, un paese-continente - poco meno di 200 milioni di abitanti, il più popolato dell'Africa - sono appena 30 milioni e con i rientri forzati arrivano a 40. Questa politica di espansione li ha resi invisi a tutti e sta creando le premesse per un bagno di sangue davvero di proporzioni enormi».
Ma perché l'assalto a una chiesa cattolica?
«Non esiste nel paese un struttura più forte e articolata della chiesa cattolica. E soprattutto nessun'altra è riconosciuta come punto di riferimento anche nel campo sociale. I cattolici sono da sempre nel mirino. Siamo una chiesa martire. I Fulani sono di religione musulmana, e oltre che in Nigeria sono presenti in Camerun e nella Mauritiana. Ma il pericolo che rappresentano non è dato da questa appartenenza. Non si tratta dell'ennesima guerra di religione poiché il terreno di convivenza è anche qui vasto.. il problema, nella sua drammaticità, è paradossalmente circoscritto. Cosa può' significare un dramma circoscritto in un Paese devastato da anni di violenza terroristica da parte delle milizie di Boko Haram mette inquietudine pensarlo».
Non è difficile pensare, invece, che la questione-Fulani in Nigeria ritornerà via da oggi nella assise delle nazioni unite a Ginevra. Sarà un nuovo grido d'allarme con il terribile peso di un'ennesima strage. E per mons. Nwachukwu il ricordo ancora più amaro di una un'esperienza già personalmente segnata dalla violenza: due sorelle morte nella guerra del Biafra, la separazione per molti anni dalla famiglia, una vita di stenti e la volontà ferrea di recuperare il tempo perduto anche nel campo degli studi.
(Il Mattino, 6 giugno 2022)
Fortunatus Nwachukwu, Arcivescovo nigeriano 61 anni, da 27 nel servizio diplomatico del Papa, è originario della diocesi di Umuahia, nella parte meridionale del Paese, non lontano da Owo, dove è avvenuto il massacro. A Ginevra da poco meno di un anno è Osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite. «Siamo di fronte a un'altra, atroce tappa di un genocidio che prende sempre più corpo. Ne ho parlato più volte a Ginevra e a tutti i livelli, a cominciare dal presidente del consiglio per i diritti umani. Non si può parlare nè di un episodio e neppure di una crisi. Il termine giusto è quello di pulizia etnica. È questo che si prepara nel mio Paese».
Sembra che lei abbia pochi dubbi anche sulle responsabilità...
«Sono da tempo sotto gli occhi di tutti. Le scorrerie, i soprusi e le violenze dei Fulani hanno allargato il clima di terrore in un Paese già falcidiato dalla violenza terroristica, e nel quale la chiesa cattolica continua a pagare il prezzo più alto. È una chiesa-martire».
Quali sono le rivendicazioni al centro delle violenze?
«La terra, i pascoli. E gli scellerati inviti fatti del governo in carica, perfino ai giovani pastori che praticavano il nomadismo fuori dalla Nigeria, a rientrare e occupare, anzi impadronirsi di territori che appartengono ad altre etnie. Il governo fa leva sui numeri. Ma i Fulani in tutta la Nigeria, un paese-continente - poco meno di 200 milioni di abitanti, il più popolato dell'Africa - sono appena 30 milioni e con i rientri forzati arrivano a 40. Questa politica di espansione li ha resi invisi a tutti e sta creando le premesse per un bagno di sangue davvero di proporzioni enormi».
Ma perché l'assalto a una chiesa cattolica?
«Non esiste nel paese un struttura più forte e articolata della chiesa cattolica. E soprattutto nessun'altra è riconosciuta come punto di riferimento anche nel campo sociale. I cattolici sono da sempre nel mirino. Siamo una chiesa martire. I Fulani sono di religione musulmana, e oltre che in Nigeria sono presenti in Camerun e nella Mauritiana. Ma il pericolo che rappresentano non è dato da questa appartenenza. Non si tratta dell'ennesima guerra di religione poiché il terreno di convivenza è anche qui vasto.. il problema, nella sua drammaticità, è paradossalmente circoscritto. Cosa può' significare un dramma circoscritto in un Paese devastato da anni di violenza terroristica da parte delle milizie di Boko Haram mette inquietudine pensarlo».
Non è difficile pensare, invece, che la questione-Fulani in Nigeria ritornerà via da oggi nella assise delle nazioni unite a Ginevra. Sarà un nuovo grido d'allarme con il terribile peso di un'ennesima strage. E per mons. Nwachukwu il ricordo ancora più amaro di una un'esperienza già personalmente segnata dalla violenza: due sorelle morte nella guerra del Biafra, la separazione per molti anni dalla famiglia, una vita di stenti e la volontà ferrea di recuperare il tempo perduto anche nel campo degli studi.
(Il Mattino, 6 giugno 2022)