Dai vescovi nuovo appello al dialogo. Gabon innanzitutto
L'Osservatore Romano
«La Chiesa cattolica continua a pregare per il Gabon e resta disponibile per accompagnare un processo di uscita dalla crisi per il bene del paese. Perché dire “il Gabon innanzitutto” significa mettersi al servizio del bene comune e non servirsi del Gabon per saziare la propria sete di potere». Riunita nei giorni scorsi a Libreville in sessione plenaria straordinaria, la Conferenza episcopale ha diffuso un messaggio nel quale torna sulla profonda crisi politica e sociale vissuta dal paese dopo l’elezione (il 27 agosto 2016) del presidente uscente Ali Bongo Ondimba, fortemente contestata dallo sfidante, Jean Ping. Situazione così tesa che l’11 settembre Papa Francesco, nel dopo Angelus, ha rivolto un appello affinché tutte le parti rinuncino alla violenza.
Una delegazione dell’opposizione gabonese — riferisce l’agenzia Fides — si è recata il 24 gennaio a Bruxelles per ricordare all’Unione europea la sua responsabilità di chiedere il riconteggio dei voti delle elezioni presidenziali dopo che un rapporto di osservatori europei, pubblicato a dicembre, affermava che si è verificato un “processo opaco” nelle operazioni di conteggio. La situazione non è degenerata ma rimane tesa, nonostante l’annuncio di una possibile ripetizione delle elezioni nel 2017. A gennaio, al termine dell’assemblea plenaria ordinaria, i vescovi erano già intervenuti esortando i gabonesi alla vigilanza: «Siate molto attenti. Siate coraggiosi, mostratevi uomini e donne». Appello rivolto in particolare ai giovani, «il futuro del paese», ai quali si chiede di «vivere nella riconciliazione con Dio e tra noi», poiché senza di essa «comprometterete durevolmente il vostro avvenire, perché l’odio, una volta seminato nel cuore, è difficile da estirpare».
Ora il nuovo messaggio dell’episcopato: «Viviamo in una situazione gravissima, di fronte alla quale si impone la necessità, per tutti e ciascuno, di cercare e ritrovare la pace, di promuoverla con giustizia e verità, nell’amore. Giorno dopo giorno, la società gabonese nel suo insieme è in confusione. Agitata, vive nell’angoscia. La sua fiducia diminuisce e il mondo intero guarda il Gabon dibattersi come se fosse chiuso in una gabbia trasparente. In tale contesto — si legge nel documento — si levano voci un po’ ovunque, in Gabon, in Africa, in America, in Asia e in Europa. Queste voci si pronunciano abbastanza chiaramente sul caso del Gabon. Saremo in grado di sederci, insieme, di ascoltarci attentamente e comprendere queste voci, per metterci in seguito al lavoro per un Gabon riconciliato, un Gabon nuovo? Non c’è bisogno di riprendere qui tutte le diagnosi, già note, realizzate da osservatori ed esperti. Siamo di fronte a una crisi multiforme e multisettoriale, cominciata parecchi anni fa, e che si è ampliata dopo gli avvenimenti post-elettorali dell’agosto 2016. Noi ne abbiamo sempre parlato nei nostri messaggi nel mese di gennaio di ogni anno». I vescovi incitano al dialogo non solo per risolvere la crisi politica generale ma anche per trovare soluzioni alla diminuzione dei salari, alla crescita vertiginosa della disoccupazione, all’istituzione di nuove tasse e all’aumento di quelle già esistenti.
L'Osservatore Romano, 14-15 febbraio 2017
Una delegazione dell’opposizione gabonese — riferisce l’agenzia Fides — si è recata il 24 gennaio a Bruxelles per ricordare all’Unione europea la sua responsabilità di chiedere il riconteggio dei voti delle elezioni presidenziali dopo che un rapporto di osservatori europei, pubblicato a dicembre, affermava che si è verificato un “processo opaco” nelle operazioni di conteggio. La situazione non è degenerata ma rimane tesa, nonostante l’annuncio di una possibile ripetizione delle elezioni nel 2017. A gennaio, al termine dell’assemblea plenaria ordinaria, i vescovi erano già intervenuti esortando i gabonesi alla vigilanza: «Siate molto attenti. Siate coraggiosi, mostratevi uomini e donne». Appello rivolto in particolare ai giovani, «il futuro del paese», ai quali si chiede di «vivere nella riconciliazione con Dio e tra noi», poiché senza di essa «comprometterete durevolmente il vostro avvenire, perché l’odio, una volta seminato nel cuore, è difficile da estirpare».
Ora il nuovo messaggio dell’episcopato: «Viviamo in una situazione gravissima, di fronte alla quale si impone la necessità, per tutti e ciascuno, di cercare e ritrovare la pace, di promuoverla con giustizia e verità, nell’amore. Giorno dopo giorno, la società gabonese nel suo insieme è in confusione. Agitata, vive nell’angoscia. La sua fiducia diminuisce e il mondo intero guarda il Gabon dibattersi come se fosse chiuso in una gabbia trasparente. In tale contesto — si legge nel documento — si levano voci un po’ ovunque, in Gabon, in Africa, in America, in Asia e in Europa. Queste voci si pronunciano abbastanza chiaramente sul caso del Gabon. Saremo in grado di sederci, insieme, di ascoltarci attentamente e comprendere queste voci, per metterci in seguito al lavoro per un Gabon riconciliato, un Gabon nuovo? Non c’è bisogno di riprendere qui tutte le diagnosi, già note, realizzate da osservatori ed esperti. Siamo di fronte a una crisi multiforme e multisettoriale, cominciata parecchi anni fa, e che si è ampliata dopo gli avvenimenti post-elettorali dell’agosto 2016. Noi ne abbiamo sempre parlato nei nostri messaggi nel mese di gennaio di ogni anno». I vescovi incitano al dialogo non solo per risolvere la crisi politica generale ma anche per trovare soluzioni alla diminuzione dei salari, alla crescita vertiginosa della disoccupazione, all’istituzione di nuove tasse e all’aumento di quelle già esistenti.
L'Osservatore Romano, 14-15 febbraio 2017