Il concilio e gli ebrei a mezzo secolo dalla «Nostra aetate». Prefazione di Papa Francesco al libro "El Concilio Vaticano II y los judios"
L'Osservatore Romano
Il libro. Con il titolo El Concilio Vaticano ii y los judios è uscito in Argentina nello scorso febbraio a cura dei rabbini Abraham Skorka e Ariel Stofenmacher un libro edito dal Seminario rabínico latinoamericano Marshall T. Meyer che fa il punto sui rapporti tra cattolici ed ebrei a mezzo secolo dalla dichiarazione conciliare Nostra aetate. A dodici contributi di autori cattolici ed ebrei (tra loro, il cardinale Jorge María Mejía, il pastore José Míguez Bonino, il rabbino Daniel Goldman) seguono dieci testimonianze (tra gli altri, dell’arcivescovo Víctor Manuel Fernández e del rabbino Marcelo Polakoff) e un’appendice di documenti. Dal libro pubblichiamo la prefazione scritta dal Papa, i testi introduttivi dei rabbini Stofenmacher e Joel H. Meyers e il contributo del cardinale Bergoglio.
Impegno e affetto. La prefazione del Papa
Il concilio Vaticano ii è stato una pietra miliare nella storia della Chiesa, i cui frutti cominciarono già allora a essere raccolti e inseriti pienamente al suo interno. Perciò accolgo con grande gioia questo contributo di ebrei e cristiani alla riflessione su questo avvenimento, in occasione della ricorrenza del suo primo giubileo. Da quel concilio emerse la dichiarazione Nostra aetate, che segnò una svolta definitiva nella storia dei rapporti tra i fratelli maggiori e minori nella fede.
Io stesso ho contribuito con le mie umili riflessioni a quel testo quando ero arcivescovo di Buenos Aires. Oggi, come vescovo di Roma, aggiungo queste poche righe per testimoniare nuovamente il mio impegno e affetto per i miei amati e fedeli fratelli ebrei in Argentina e per l’approfondimento del nostro dialogo per onorare con esso il nostro creatore, come dice il profeta: «allora parlarono i timorati di Dio ognuno al suo compagno. E l’Eterno ascoltò e udì» (Malachia 3, 16).
Inestricabilmente intrecciate
di ARIEL STOFENMACHER
Le vicende dell’ebraismo e del cristianesimo sono inestricabilmente intrecciate l’una con l’altra da oltre duemila anni. È difficile, anzi impossibile, capire l’evolversi dell’umanità, in particolare del cosiddetto “mondo occidentale” senza immergersi in entrambe le tradizioni e nella loro storia in comune. Questa affermazione è particolarmente applicabile ed evidente in America latina negli ultimi cinquecento anni.
Questa lunga relazione ha avuto alti e bassi nel corso della storia, ma senza alcun dubbio dal concilio Vaticano ii, e grazie alle risoluzioni che vi furono prese, stiamo vivendo un’era di fratellanza, fraternità e dialogo senza precedenti.
Come erede della tradizione di Abraham Joshua Heschel, attraverso il suo discepolo prediletto, il nostro maestro e rabbino Marshall T. Meyer, il Seminario rabbinico latinoamericano dalla sua fondazione, poco più di cinquant’anni fa, ha svolto un ruolo attivo in questo dialogo, guidando progetti di avvicinamento e di intesa reciproca. Rabbini formati nella nostra casa, in tutte le città dell’America latina e nel resto del mondo dove servono le loro comunità, hanno creato rapporti di amicizia, dialogo e lavoro congiunto con sacerdoti cattolici e capi di altre tradizioni religiose. Il rapporto di amicizia tra Papa Francesco e il rabbino Abraham Skorka, rettore del seminario, è una luce che ci guida e indica il cammino da seguire.
È in questo contesto che siamo onorati di presentare il nostro lavoro, frutto dello sforzo e della collaborazione di diversi capi religiosi e laici, nel quale cerchiamo un avvicinamento al concilio Vaticano ii, alla dichiarazione Nostra aetate e al dialogo da allora avviato.
Il motto del seminario riprende le parole del profeta Isaia (43, 10): atem edai neum Adonai (“voi siete i miei testimoni, dice il Signore”). È nostra speranza che questo libro contribuisca a proseguire nel cammino tracciato, e che dalla comprensione e accettazione reciproca nasca l’energia per essere testimoni di Dio sulla terra, attraverso il lavoro congiunto nella costruzione di un mondo migliore.
Testimoni del lavoro comune
di JOEL H. MEYERS
Il monito del profeta Michea, che grida «ciò che richiede il Signore da te è praticare la giustizia, amare il bene, camminare umilmente con il nostro Dio» (6, 8), può servire bene come linea guida nell’attualmente continuo dialogo tra ebrei e cattolici. Per oltre quattro decenni il Comitato internazionale di collegamento tra cattolici ed ebrei (International Catholic-Jewish Liaison Committee) si è riunito non solo per capire e apprezzare meglio i valori religiosi che pervadono le nostre fedi, ma anche per trovare vie che possiamo percorrere insieme a beneficio della società più larga che condividiamo.
La partecipazione ebraica al dialogo si è concretizzata attraverso il Comitato ebraico internazionale per le consultazioni interreligiose (Ijcic), mentre la rappresentanza cattolica è stata affidata alla Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo della Santa sede. Le tematiche e le agende degli incontri si decidono in modo congiunto, e i partecipanti provengono anche dalle comunità ospitanti.
Nel giugno 2004 il Comitato internazionale di collegamento tra cattolici ed ebrei si è riunito per la prima volta a Buenos Aires. Il tema dell’incontro è stato tzedek e tzedaká (“giustizia” e “carità”), e vi hanno partecipato capi religiosi dell’America latina, degli Stati Uniti e d’Israele. Sebbene gli interventi e i dibattiti siano stati stimolanti e informativi, i momenti più commoventi sono stati vissuti durante le visite a istituzioni del Comune e ai loro progetti. Un conto era fare riferimento ai valori di giustizia e di carità, osservando la responsabilità di persone di fede nell’alleviare la sofferenza umana, un altro era andare incontro alle comunità e partecipare in modo diretto ai progetti in cui la nostra gente prodiga cure ad altri.
Siamo stati testimoni del lavoro congiunto di uomini e donne di fede ebraica e di fede cattolica, mano nella mano, che offrivano cibo e cure ai bisognosi. Per noi è stato un esempio del compimento della visione di Michea e delle nostre speranze di costruire un’intesa più grande tra le nostre fedi.
Come parte della sua dichiarazione di chiusura, l’assemblea ha affermato: «Salutiamo pertanto le iniziative congiunte delle organizzazioni internazionali cattoliche ed ebraiche che hanno iniziato a lavorare per rispondere ai bisogni degli indigenti, di quanti hanno fame, dei malati, dei giovani, di quanti sono privi d’istruzione, degli anziani. Sulla base di queste azioni di giustizia sociale, c’impegniamo a raddoppiare i nostri sforzi per rispondere ai pressanti bisogni di tutti attraverso il nostro impegno comune con la giustizia e la carità».
Questa raccolta di lavori servirà come utile faro per illuminare il nostro cammino comune nell’impresa di divenire soci di Dio, portando giustizia e carità al nostro mondo.
Spalla a spalla
di JORGE MARIO BERGOGLIO
«La Chiesa ha sempre davanti agli occhi le parole dell’apostolo Paolo riguardo agli uomini della sua stirpe “ai quali appartiene l’adozione a figli e la gloria e i patti di alleanza e la legge e il culto e le promesse, ai quali appartengono i padri e dai quali è nato Cristo secondo la carne” (Romani 9, 4-5), figlio di Maria Vergine. Essa ricorda anche che dal popolo ebraico sono nati gli apostoli, fondamenta e colonne della Chiesa, e così quei moltissimi primi discepoli che hanno annunciato al mondo il Vangelo di Cristo (…) Gli ebrei, in grazia dei padri, rimangono ancora carissimi a Dio, i cui doni e la cui vocazione sono senza pentimento (…) Essendo perciò tanto grande il patrimonio spirituale comune a cristiani e ad ebrei, questo sacro concilio vuole promuovere e raccomandare tra loro la mutua conoscenza e stima, che si ottengono soprattutto con gli studi biblici e teologici e con un fraterno dialogo» (Nostra aetate).
Il 28 ottobre 1965 fu promulgata la dichiarazione Nostra aetate, nel quadro del concilio Vaticano ii. Sebbene tutti i suoi documenti siano di somma importanza per la Chiesa, la Nostra aetate — affrontando in modo tanto radicale il rapporto con il popolo di Nostro Signore Gesù Cristo — possiede un valore speciale.
Con questa dichiarazione viene esplicitato e promulgato che non c’è posto nella Chiesa per espressioni come «popolo deicida» o «perfidi giudei». Le manifestazioni e le concezioni che avevano eretto barriere — molte volte di zizzania e di odio tra cattolici ed ebrei — dovevano essere sradicate per sempre. Al loro posto si dovevano erigere ponti di mutua comprensione e di dialogo che portassero a un sentimento fraterno. Nacque poi un nuovo appellativo per indicare il popolo ebraico: «fratelli maggiori». A partire dal clamore generato da questo documento, intuito da Giovanni xxiii e firmato da Paolo vi, l’affermazione che «antisemitismo è anticristianesimo e anticristianesimo è antisemitismo» è divenuta una norma e una base per la catechesi della Chiesa.
Il movimento generato da questa dichiarazione ha propiziato le famose visite di Giovanni Paolo ii e Benedetto xvi a diverse sinagoghe e, sul piano politico, l’instaurazione di relazioni diplomatiche tra il Vaticano e Israele. Il dialogo che permette di approfondire la conoscenza reciproca, lo studio condiviso e la realizzazione di progetti per il bene comune hanno ricreato in numerosi ambiti il primigenio sentimento di fratellanza che non si sarebbe mai dovuto perdere.
La costituzione apostolica con la quale Giovanni xxiii convocò il concilio Vaticano ii dice: «In questo nostro tempo la Chiesa vede la comunità umana gravemente turbata aspirare ad un totale rinnovamento. E mentre l’umanità si avvia verso un nuovo ordine di cose, compiti vastissimi sovrastano la Chiesa, come sappiamo avvenuto in ogni più tragica situazione». Pur essendo trascorso più di mezzo secolo da quando questi concetti furono espressi, essi continuano a essere validi, e in modo ancora più drammatico oggi. I progressi tecnologici e scientifici in tutti i campi dell’esistenza, i rapidi cambiamenti suscitati dalla modernità e dalla postmodernità richiedono risposte agli studiosi e a quanti si sono impegnati con la fede, interrogandosi sul senso dell’esistenza stessa.
Il cristianesimo è stato uno degli assi culturali su cui si è costruita la cultura dell’occidente. Le sue radici primigenie sono le sacre Scritture ebraiche, le quali, a loro volta, sono base e fondamento dello sviluppo religioso e culturale ebraico. Nei momenti di crisi tutti dobbiamo rivolgere uno sguardo retrospettivo all’essenza del nostro essere, alle radici della nostra esistenza. L’essere cristiani è intimamente legato all’essere ebrei. I tempi presenti richiedono un approfondimento nel dialogo che permetta, agli uni e agli altri, di trovare risposte sempre più significative alla crescente complessità che caratterizza la vita presente.
I profeti intuirono un tempo in cui si sarebbe servito Dio «spalla a spalla» (Sofonia 3, 9), in cui «Dio sarà uno e uno il suo nome» (Zaccaria 14, 9), perché sicuramente «un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell’arte della guerra» (Isaia 2, 4; Michea 4, 3). Il dialogo al quale la Nostra aetate allude possiede queste visioni come sfida ultima a cui devono tendere d’ora in poi gli sforzi congiunti dei cattolici che sanno trovare la dimensione che li unisce ai loro fratelli maggiori. Per lo stesso motivo le dichiarazioni come Nostra aetate sono feconde solo nella misura in cui generano azioni, perché lo spirito della lettera che si trasforma in fatti cessa di essere una mera intenzione per divenire azione viva ed efficace.
Buenos Aires, 2 gennaio 2013
L'Osservatore Romano, 24-25 settembre 2016
Impegno e affetto. La prefazione del Papa
Il concilio Vaticano ii è stato una pietra miliare nella storia della Chiesa, i cui frutti cominciarono già allora a essere raccolti e inseriti pienamente al suo interno. Perciò accolgo con grande gioia questo contributo di ebrei e cristiani alla riflessione su questo avvenimento, in occasione della ricorrenza del suo primo giubileo. Da quel concilio emerse la dichiarazione Nostra aetate, che segnò una svolta definitiva nella storia dei rapporti tra i fratelli maggiori e minori nella fede.
Io stesso ho contribuito con le mie umili riflessioni a quel testo quando ero arcivescovo di Buenos Aires. Oggi, come vescovo di Roma, aggiungo queste poche righe per testimoniare nuovamente il mio impegno e affetto per i miei amati e fedeli fratelli ebrei in Argentina e per l’approfondimento del nostro dialogo per onorare con esso il nostro creatore, come dice il profeta: «allora parlarono i timorati di Dio ognuno al suo compagno. E l’Eterno ascoltò e udì» (Malachia 3, 16).
Inestricabilmente intrecciate
di ARIEL STOFENMACHER
Le vicende dell’ebraismo e del cristianesimo sono inestricabilmente intrecciate l’una con l’altra da oltre duemila anni. È difficile, anzi impossibile, capire l’evolversi dell’umanità, in particolare del cosiddetto “mondo occidentale” senza immergersi in entrambe le tradizioni e nella loro storia in comune. Questa affermazione è particolarmente applicabile ed evidente in America latina negli ultimi cinquecento anni.
Questa lunga relazione ha avuto alti e bassi nel corso della storia, ma senza alcun dubbio dal concilio Vaticano ii, e grazie alle risoluzioni che vi furono prese, stiamo vivendo un’era di fratellanza, fraternità e dialogo senza precedenti.
Come erede della tradizione di Abraham Joshua Heschel, attraverso il suo discepolo prediletto, il nostro maestro e rabbino Marshall T. Meyer, il Seminario rabbinico latinoamericano dalla sua fondazione, poco più di cinquant’anni fa, ha svolto un ruolo attivo in questo dialogo, guidando progetti di avvicinamento e di intesa reciproca. Rabbini formati nella nostra casa, in tutte le città dell’America latina e nel resto del mondo dove servono le loro comunità, hanno creato rapporti di amicizia, dialogo e lavoro congiunto con sacerdoti cattolici e capi di altre tradizioni religiose. Il rapporto di amicizia tra Papa Francesco e il rabbino Abraham Skorka, rettore del seminario, è una luce che ci guida e indica il cammino da seguire.
È in questo contesto che siamo onorati di presentare il nostro lavoro, frutto dello sforzo e della collaborazione di diversi capi religiosi e laici, nel quale cerchiamo un avvicinamento al concilio Vaticano ii, alla dichiarazione Nostra aetate e al dialogo da allora avviato.
Il motto del seminario riprende le parole del profeta Isaia (43, 10): atem edai neum Adonai (“voi siete i miei testimoni, dice il Signore”). È nostra speranza che questo libro contribuisca a proseguire nel cammino tracciato, e che dalla comprensione e accettazione reciproca nasca l’energia per essere testimoni di Dio sulla terra, attraverso il lavoro congiunto nella costruzione di un mondo migliore.
Testimoni del lavoro comune
di JOEL H. MEYERS
Il monito del profeta Michea, che grida «ciò che richiede il Signore da te è praticare la giustizia, amare il bene, camminare umilmente con il nostro Dio» (6, 8), può servire bene come linea guida nell’attualmente continuo dialogo tra ebrei e cattolici. Per oltre quattro decenni il Comitato internazionale di collegamento tra cattolici ed ebrei (International Catholic-Jewish Liaison Committee) si è riunito non solo per capire e apprezzare meglio i valori religiosi che pervadono le nostre fedi, ma anche per trovare vie che possiamo percorrere insieme a beneficio della società più larga che condividiamo.
La partecipazione ebraica al dialogo si è concretizzata attraverso il Comitato ebraico internazionale per le consultazioni interreligiose (Ijcic), mentre la rappresentanza cattolica è stata affidata alla Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo della Santa sede. Le tematiche e le agende degli incontri si decidono in modo congiunto, e i partecipanti provengono anche dalle comunità ospitanti.
Nel giugno 2004 il Comitato internazionale di collegamento tra cattolici ed ebrei si è riunito per la prima volta a Buenos Aires. Il tema dell’incontro è stato tzedek e tzedaká (“giustizia” e “carità”), e vi hanno partecipato capi religiosi dell’America latina, degli Stati Uniti e d’Israele. Sebbene gli interventi e i dibattiti siano stati stimolanti e informativi, i momenti più commoventi sono stati vissuti durante le visite a istituzioni del Comune e ai loro progetti. Un conto era fare riferimento ai valori di giustizia e di carità, osservando la responsabilità di persone di fede nell’alleviare la sofferenza umana, un altro era andare incontro alle comunità e partecipare in modo diretto ai progetti in cui la nostra gente prodiga cure ad altri.
Siamo stati testimoni del lavoro congiunto di uomini e donne di fede ebraica e di fede cattolica, mano nella mano, che offrivano cibo e cure ai bisognosi. Per noi è stato un esempio del compimento della visione di Michea e delle nostre speranze di costruire un’intesa più grande tra le nostre fedi.
Come parte della sua dichiarazione di chiusura, l’assemblea ha affermato: «Salutiamo pertanto le iniziative congiunte delle organizzazioni internazionali cattoliche ed ebraiche che hanno iniziato a lavorare per rispondere ai bisogni degli indigenti, di quanti hanno fame, dei malati, dei giovani, di quanti sono privi d’istruzione, degli anziani. Sulla base di queste azioni di giustizia sociale, c’impegniamo a raddoppiare i nostri sforzi per rispondere ai pressanti bisogni di tutti attraverso il nostro impegno comune con la giustizia e la carità».
Questa raccolta di lavori servirà come utile faro per illuminare il nostro cammino comune nell’impresa di divenire soci di Dio, portando giustizia e carità al nostro mondo.
Spalla a spalla
di JORGE MARIO BERGOGLIO
«La Chiesa ha sempre davanti agli occhi le parole dell’apostolo Paolo riguardo agli uomini della sua stirpe “ai quali appartiene l’adozione a figli e la gloria e i patti di alleanza e la legge e il culto e le promesse, ai quali appartengono i padri e dai quali è nato Cristo secondo la carne” (Romani 9, 4-5), figlio di Maria Vergine. Essa ricorda anche che dal popolo ebraico sono nati gli apostoli, fondamenta e colonne della Chiesa, e così quei moltissimi primi discepoli che hanno annunciato al mondo il Vangelo di Cristo (…) Gli ebrei, in grazia dei padri, rimangono ancora carissimi a Dio, i cui doni e la cui vocazione sono senza pentimento (…) Essendo perciò tanto grande il patrimonio spirituale comune a cristiani e ad ebrei, questo sacro concilio vuole promuovere e raccomandare tra loro la mutua conoscenza e stima, che si ottengono soprattutto con gli studi biblici e teologici e con un fraterno dialogo» (Nostra aetate).
Il 28 ottobre 1965 fu promulgata la dichiarazione Nostra aetate, nel quadro del concilio Vaticano ii. Sebbene tutti i suoi documenti siano di somma importanza per la Chiesa, la Nostra aetate — affrontando in modo tanto radicale il rapporto con il popolo di Nostro Signore Gesù Cristo — possiede un valore speciale.
Con questa dichiarazione viene esplicitato e promulgato che non c’è posto nella Chiesa per espressioni come «popolo deicida» o «perfidi giudei». Le manifestazioni e le concezioni che avevano eretto barriere — molte volte di zizzania e di odio tra cattolici ed ebrei — dovevano essere sradicate per sempre. Al loro posto si dovevano erigere ponti di mutua comprensione e di dialogo che portassero a un sentimento fraterno. Nacque poi un nuovo appellativo per indicare il popolo ebraico: «fratelli maggiori». A partire dal clamore generato da questo documento, intuito da Giovanni xxiii e firmato da Paolo vi, l’affermazione che «antisemitismo è anticristianesimo e anticristianesimo è antisemitismo» è divenuta una norma e una base per la catechesi della Chiesa.
Il movimento generato da questa dichiarazione ha propiziato le famose visite di Giovanni Paolo ii e Benedetto xvi a diverse sinagoghe e, sul piano politico, l’instaurazione di relazioni diplomatiche tra il Vaticano e Israele. Il dialogo che permette di approfondire la conoscenza reciproca, lo studio condiviso e la realizzazione di progetti per il bene comune hanno ricreato in numerosi ambiti il primigenio sentimento di fratellanza che non si sarebbe mai dovuto perdere.
La costituzione apostolica con la quale Giovanni xxiii convocò il concilio Vaticano ii dice: «In questo nostro tempo la Chiesa vede la comunità umana gravemente turbata aspirare ad un totale rinnovamento. E mentre l’umanità si avvia verso un nuovo ordine di cose, compiti vastissimi sovrastano la Chiesa, come sappiamo avvenuto in ogni più tragica situazione». Pur essendo trascorso più di mezzo secolo da quando questi concetti furono espressi, essi continuano a essere validi, e in modo ancora più drammatico oggi. I progressi tecnologici e scientifici in tutti i campi dell’esistenza, i rapidi cambiamenti suscitati dalla modernità e dalla postmodernità richiedono risposte agli studiosi e a quanti si sono impegnati con la fede, interrogandosi sul senso dell’esistenza stessa.
Il cristianesimo è stato uno degli assi culturali su cui si è costruita la cultura dell’occidente. Le sue radici primigenie sono le sacre Scritture ebraiche, le quali, a loro volta, sono base e fondamento dello sviluppo religioso e culturale ebraico. Nei momenti di crisi tutti dobbiamo rivolgere uno sguardo retrospettivo all’essenza del nostro essere, alle radici della nostra esistenza. L’essere cristiani è intimamente legato all’essere ebrei. I tempi presenti richiedono un approfondimento nel dialogo che permetta, agli uni e agli altri, di trovare risposte sempre più significative alla crescente complessità che caratterizza la vita presente.
I profeti intuirono un tempo in cui si sarebbe servito Dio «spalla a spalla» (Sofonia 3, 9), in cui «Dio sarà uno e uno il suo nome» (Zaccaria 14, 9), perché sicuramente «un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell’arte della guerra» (Isaia 2, 4; Michea 4, 3). Il dialogo al quale la Nostra aetate allude possiede queste visioni come sfida ultima a cui devono tendere d’ora in poi gli sforzi congiunti dei cattolici che sanno trovare la dimensione che li unisce ai loro fratelli maggiori. Per lo stesso motivo le dichiarazioni come Nostra aetate sono feconde solo nella misura in cui generano azioni, perché lo spirito della lettera che si trasforma in fatti cessa di essere una mera intenzione per divenire azione viva ed efficace.
Buenos Aires, 2 gennaio 2013
L'Osservatore Romano, 24-25 settembre 2016