martedì 2 agosto 2016

(a cura Redazione "Il sismografo")
Abbiamo ricevuto oggi, alle ore 18.58 una mail dell'Ambasciatore della Polonia presso la Santa Sede, sig. Janusz Kotański. La pubblichiamo integralmente con piacere. Noi una risposta puntuale e precisa nonché documentata fino alla sazietà l'abbiamo già pubblicata alle ore 12.35. Nonostante ciò il diplomatico torna sulla questione e scrive testualmente: "Attendo oggi stesso un'adeguata dichiarazione e rettifica e anche delle scuse per iscritto". 
No, non ci saranno scuse e tantomeno rettifiche. Non c'è nulla di cui ci dobbiamo scusare né nulla che debba essere rettificato. Questa controversia è pretestuosa e artificiale, e anche assurda, e noi conosciamo la sua logica.
La lettera osserva che le Ambasciate polacche nel mondo sono sensibili a questo argomento e quindi devono reagire tempestivamente. Non capisco perché allora le Ambasciate polacche presso la Santa Sede o il Quirinale non hanno reagito, lo scorso 17 giugno, di fronte all'articolo di "Panorama", firmato da Chiara Degl'Innocenti, e che noi abbiamo riportato fra virgolette per illustrare la vicenda della SS condannato in Germania.
Quello che noi pensiamo sulla vicenda dei campi di concentramenti hitleriani in Polonia lo abbiamo scritto in oltre 20 articoli pubblicati su questo blog in questi giorni e in un apposito Vademecum di recente ampia circolazione dedicato interamente al Pellerinaggio internazionale di Papa Francesco a Cracovia (Polonia)
Non abbiamo nulla altro da dire.
Luis Badilla, direttore editoriale de “Il sismografo”.
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Egr. Sig. Luis BADILLA
Direttore Editoriale
Il Sismografo
Egregio Signor Redattore,
nel suo articolo apparso il 1 agosto alle ore 20.05 sulle pagine del Sismografo intitolato "L'incontro di Papa Francesco con Angela Orosz-Richt, l'unica donna nata ad Auschwitz sopravvissuta” è stata inserita un'espressione particolarmente dannosa e scorretta: “…nel campo di concentramento polacco dove Hanning ha sorvegliato…”.
Anche se l'aggettivo ”polacco” in riferimento al campo di concentramento nazista è stato ora rimosso dal testo sempre accessibile sulle pagine web, l'utilizzo stesso della parola in una pubblicazione su un portale che gode di una grande popolarità come il Sismografo è per noi incomprensibile e estremamente lamentevole. Spero che non rispecchi né opinioni né idee dell'Autore.
In un testo successivo lei è stato così gentile da costatare che la parola è stata rimossa a causa di "alcune mail contenenti insulti” che arrivavano in redazione. È del tutto incomprensibile anche la costatazione che si tratti soltanto di una collocazione geografica. Che non è così lo dimostrano le reazioni di tutte le missioni diplomatiche polacche nel mondo ai casi del genere. Negli anni 1939-1945 la Polonia era occupata dalla Germania nazista e dalla Russia comunista.
Vorrei ricordare che l'espressione appropriata è la seguente: "Campo di concentramento/di sterminio nazista nella Polonia occupata” oppure: "Campo di concentramento/di sterminio nazista nei territori della Polonia occupata”.
Attendo oggi stesso un'adeguata dichiarazione e rettifica e anche delle scuse per iscritto, che verranno pubblicate sul portale da Lei redatto e sul portale dell'Ambasciata di Polonia presso la Santa Sede. Qui sotto includo la spiegazione basata sui fatti storici che spiega la gravità della situazione.
Le prime vittime del campo di concentramento di Auschwitz sono stati i polacchi. I polacchi sono, dopo gli ebrei, la seconda nazione quanto al numero di persone assassinate nei campi di concentramento e di sterminio della Germania nazista. Sui territori della Polonia occupata dal Terzo Reich e nella Germania stessa. Vorrei ricordare solo che la Polonia è stata l'unico paese dell'Europa occupato dove nascondere gli ebrei era punito solo in un modo: con la pena di morte.
Nonostante ciò, migliaia di polacchi, rischiando la vita, salvavano i loro vicini ebrei, pagando con il prezzo più alto. Lo testimoniano gli alberi della memoria piantati a Yad Vashem.
Con grande dispiacere ho costatato quell'espressione inspiegabile nel contesto della visita del Santo Padre ad Auschwitz–Birkenau. Papa Francesco a lungo, in silenzio, ha pregato nella cella di San Massimiliano Maria Kolbe, sacerdote cattolico polacco che ha dato come volontario la sua vita per salvare il suo compagno di cella.
Mentre a Birkenau, con visibile commozione il Santo Padre ha ascoltato le parole di don Ruszała sulla morte della numerosa famiglia Ulma, fucilata dai tedeschi per aver nascosto gli ebrei. Spero vivamente che il portale da noi apprezzato scriverà verità e soltanto verità sulla difficile, ma anche bella storia polacca.
Con cordiali saluti,
Janusz Kotański
Ambasciatore