L'Osservatore Romano
(Pablo D'Ors) Tutto accade nel modo più inaspettato e meraviglioso quando sei nello stato d’animo giusto. All’improvviso, nel tuo diario, trovi una frase luminosa, due, tre, un’intera pagina: è nato il germe di un libro, una visione che chiede solo di essere trascritta, un’opera d’arte che ti chiede il permesso di esistere e un fuoco che vuole solo che lo attizzi per riscaldare e illuminare l’umanità, ché per questo si scrivono i libri. O all’improvviso appare al tuo orizzonte una persona di cui in un secondo t’innamori follemente, una persona a cui daresti la vita intera anche senza conoscerla. Inaspettatamente, solo perché è bella, o perché sorride, o per il timbro della sua voce che ti ricorda quello della ragazza di cui ti sei innamorato da adolescente, desideri darti a lei, immergerti in lei, abbracciare la sua umanità e creare al suo fianco un’umanità nuova.
O all’improvviso senti Dio in modo chiaro, irrefutabile, travolgente. È una sensazione ineffabile, effervescente, trasformatrice, inequivocabile. Dio è allora — chi lo avrebbe detto? — più reale che mai, e tutto il resto, tutti gli altri, sono lì solo per essere partecipi di quella meraviglia che tu, chissà perché, hai scoperto a vent’anni, o a cinquanta, e senti l’imperioso bisogno di comunicare.
Chiaro che anche l’oscuro, e a volte soprattutto l’oscuro, accade nel modo più inaspettato. All’improvviso, per esempio, ti accorgi che hai perso la persona amata: è morta, l’hanno portata via, se ne è andata, non c’è più. Ha smesso semplicemente di stare al tuo fianco e, al suo posto, c’è un grande vuoto che non credi di poter mai più colmare. L’amore è stato sostituito da un’assenza che guardi attonito, come se fossi un bambino che hanno lasciato in mezzo a un bosco in piena notte, o come se fossi di un altro pianeta.
O all’improvviso, proprio ora che andava tutto così bene, ti ha visitato una malattia; un dolore acuto nel costato sinistro, un sussulto nel cuore, una stilettata nella schiena, insopportabile perché improvvisa e violenta, una misteriosa macchia sulla pelle, un annebbiamento negli occhi, un fantasma nella testa, come un serpente che s’insinua seminando devastazione. Non importa cos’è. Il male ha fatto atto di presenza. Ha bussato alla tua porta e si è infilato nella stanza del tuo corpo, pronto a infierire.
Il tempo liturgico della quaresima porta questa novella: tutto, tutto senza eccezioni — l’innamoramento e la malattia, la morte e l’illuminazione, la vita ordinaria, anche e soprattutto la vita ordinaria — tutto può essere cammino. Non solo; tutto ciò che ti succede è un cammino per te.
Ciò a cui bisogna quindi convertirsi è alla vita. Alla vita con tutte le sue luci e le sue ombre, con tutte le sue contraddizioni. Questa vita contraddittoria, talvolta dolce, talvolta feroce, sempre indomabile, questa vita è tutta meravigliosa. È questa la novella. Noi siamo chiamati proprio a questa conversione alla meraviglia. Siamo invitati a non aggrapparci a nulla, a vivere ciò che si presenta, a non restare rinchiusi in uno schema. Siamo invitati a una costante e dolce destabilizzazione.
A farci più male è la reputazione, l’immagine che vogliamo dare di noi stessi. Ci sclerotizza. Ci rimbecillisce. Bisogna convertirsi all’avventura, convertirsi al non sapere, anche se ho quarant’anni, anche se ne ho ottanta. Sempre, a ottant’anni, a ottantacinque, puoi sempre iniziare. Io voglio iniziare sempre. Mi piace la gente che inizia sempre: i vecchi che s’innamorano, che s’immatricolano all’università, che s’iscrivono a un coro o a una scuola di lingue per imparare una lingua che avranno appena il tempo di parlare.
Il bello della vita è iniziare. Prendere la strada sconosciuta, percorrerla con la febbre della determinazione e poi, alla fine, buttarti dal precipizio dove quella strada finisce. Perché ogni strada conduce a un precipizio. Perché se non c’è un precipizio alla sua fine quella non è una strada, è un miraggio.
Conosco bene, in prima persona, la paura di saltare. Ma la vita è l’esperienza di quel salto. Sempre – almeno io — stiamo tra l’abisso e il cielo, tra il volo e la caduta. Stare costantemente tra queste due possibilità: è questa l’avventura dell’essere umano, e a questo, ne sono certo, c’invita la quaresima. Salta, se vuoi vivere. Molla il tuo personaggio, per quanto rispettabile sia, se vuoi capire il Vangelo di Gesù Cristo.
Tutto inizia quando dici: va bene, salto. Tutto inizia quando dici: forse mi schianterò, ma spero di volare. Basta dire: sì! Sì! Sì! Sì! Mio Dio, sia quel che sia, sì! Con te fino alla fine del mondo. Basta dire a Dio: voglio una vita con te. Non immagino una vita senza te. Ti amo e mi spaventa il mio amore. Penso a te continuamente. Sono eternamente tuo. Ho lo stomaco pieno di farfalle perché mi sono innamorato di te, mio Dio. Succeda quel che succeda, conta su di me. Sono qui, fai di me quel che vuoi. Non m’immagino una vita senza te, non voglio una vita senza te, tu sei la Vita e io non mi muovo dal tuo fianco. Con te sono disposto ad andare all’inferno. Portami all’inferno se vuoi, Signore, ma con te, per favore. Questo è amore. Questo è l’invito della quaresima. Non fermarsi ai surrogati, alle apparenze, ai convenzionalismi, alle cose scontate, a quello che diranno gli altri, quel timore che tanto ci paralizza. L’opinione altrui non ha alcuna importanza, non ha mai importanza. A importare sono solo il tuo cuore, la tua coscienza, la tua obbedienza alla tua coscienza, la tua fedeltà alla tua visione, alla rivelazione di ogni adesso. Quello a cui bisogna convertirsi è la vita, perché è semplicemente la vita che stiamo cercando.
Anche noi, come la vita, siamo meravigliosi, tutti, senza eccezioni. Anche se a volte siamo egoisti o bugiardi, o superbi o pigri: nessuno dei nostri difetti o delle nostre mancanze, per quanto gravi ci appaiano o possano davvero essere, offuscano quella meraviglia che noi siamo. Siamo invitati ad abbracciare queste contraddizioni, ad amarci così come siamo, tanto meravigliosamente imperfetti, tanto sciocchi, tanto maldestri, tanto svegli, tanto meschini o tanto eroici. Tu sei una meraviglia, lui è meraviglioso, lei è meravigliosa, siamo incredibili e ancora non ce ne siamo resi conto. Qualcuno deve venire a dircelo perché lo capiamo una volta per tutte.
La quaresima è un invito a lasciarci alle spalle tante sciocchezze e a renderci conto che siamo una meraviglia. Un invito a innamorarsi della vita e a viverla intensamente. A non andare sempre a mezzo gas. A dire sì, me la gioco, scommetto, mi lancio, sono qui, voglio vivere tutto: l’amore e l’innamoramento, la fede e l’oscurità, la malattia e la morte, voglio vivere tutto perché tutto merita di essere vissuto e perché tutto è o può essere un misterioso cammino verso la pienezza.
Da parte mia, in modo umile ma chiaro, vi dico che voglio vivere questa avventura della vita al vostro fianco. Per me è un privilegio camminare in vostra compagnia. Siete uno specchio nel quale mi piace guardarmi; siete una finestra dalla quale voglio guardare. Ciò a cui bisogna convertirsi è alla vita. È lì che ci aspetta la festa. È questo cammino della quaresima verso quel territorio di festa che è la Pasqua che io desidero fare con te, abbracciando nuove ombre, le tue e le mie, che in fin dei conti sono tanto simili! Inciampando e rialzandoci insieme. Con leggerezza. Con umorismo. Con coraggio. Con umiltà. Con determinazione. Ciò a cui bisogna convertirsi è alla vita. Vieni? Non senti già, perlomeno confusamente e lontanamente, la sorpresa dinanzi allo splendore, allo stupore e alla meraviglia?
L'Osservatore Romano, 5 marzo 2016.
(Pablo D'Ors) Tutto accade nel modo più inaspettato e meraviglioso quando sei nello stato d’animo giusto. All’improvviso, nel tuo diario, trovi una frase luminosa, due, tre, un’intera pagina: è nato il germe di un libro, una visione che chiede solo di essere trascritta, un’opera d’arte che ti chiede il permesso di esistere e un fuoco che vuole solo che lo attizzi per riscaldare e illuminare l’umanità, ché per questo si scrivono i libri. O all’improvviso appare al tuo orizzonte una persona di cui in un secondo t’innamori follemente, una persona a cui daresti la vita intera anche senza conoscerla. Inaspettatamente, solo perché è bella, o perché sorride, o per il timbro della sua voce che ti ricorda quello della ragazza di cui ti sei innamorato da adolescente, desideri darti a lei, immergerti in lei, abbracciare la sua umanità e creare al suo fianco un’umanità nuova.
O all’improvviso senti Dio in modo chiaro, irrefutabile, travolgente. È una sensazione ineffabile, effervescente, trasformatrice, inequivocabile. Dio è allora — chi lo avrebbe detto? — più reale che mai, e tutto il resto, tutti gli altri, sono lì solo per essere partecipi di quella meraviglia che tu, chissà perché, hai scoperto a vent’anni, o a cinquanta, e senti l’imperioso bisogno di comunicare.
Chiaro che anche l’oscuro, e a volte soprattutto l’oscuro, accade nel modo più inaspettato. All’improvviso, per esempio, ti accorgi che hai perso la persona amata: è morta, l’hanno portata via, se ne è andata, non c’è più. Ha smesso semplicemente di stare al tuo fianco e, al suo posto, c’è un grande vuoto che non credi di poter mai più colmare. L’amore è stato sostituito da un’assenza che guardi attonito, come se fossi un bambino che hanno lasciato in mezzo a un bosco in piena notte, o come se fossi di un altro pianeta.
O all’improvviso, proprio ora che andava tutto così bene, ti ha visitato una malattia; un dolore acuto nel costato sinistro, un sussulto nel cuore, una stilettata nella schiena, insopportabile perché improvvisa e violenta, una misteriosa macchia sulla pelle, un annebbiamento negli occhi, un fantasma nella testa, come un serpente che s’insinua seminando devastazione. Non importa cos’è. Il male ha fatto atto di presenza. Ha bussato alla tua porta e si è infilato nella stanza del tuo corpo, pronto a infierire.
Il tempo liturgico della quaresima porta questa novella: tutto, tutto senza eccezioni — l’innamoramento e la malattia, la morte e l’illuminazione, la vita ordinaria, anche e soprattutto la vita ordinaria — tutto può essere cammino. Non solo; tutto ciò che ti succede è un cammino per te.
Ciò a cui bisogna quindi convertirsi è alla vita. Alla vita con tutte le sue luci e le sue ombre, con tutte le sue contraddizioni. Questa vita contraddittoria, talvolta dolce, talvolta feroce, sempre indomabile, questa vita è tutta meravigliosa. È questa la novella. Noi siamo chiamati proprio a questa conversione alla meraviglia. Siamo invitati a non aggrapparci a nulla, a vivere ciò che si presenta, a non restare rinchiusi in uno schema. Siamo invitati a una costante e dolce destabilizzazione.
A farci più male è la reputazione, l’immagine che vogliamo dare di noi stessi. Ci sclerotizza. Ci rimbecillisce. Bisogna convertirsi all’avventura, convertirsi al non sapere, anche se ho quarant’anni, anche se ne ho ottanta. Sempre, a ottant’anni, a ottantacinque, puoi sempre iniziare. Io voglio iniziare sempre. Mi piace la gente che inizia sempre: i vecchi che s’innamorano, che s’immatricolano all’università, che s’iscrivono a un coro o a una scuola di lingue per imparare una lingua che avranno appena il tempo di parlare.
Il bello della vita è iniziare. Prendere la strada sconosciuta, percorrerla con la febbre della determinazione e poi, alla fine, buttarti dal precipizio dove quella strada finisce. Perché ogni strada conduce a un precipizio. Perché se non c’è un precipizio alla sua fine quella non è una strada, è un miraggio.
Conosco bene, in prima persona, la paura di saltare. Ma la vita è l’esperienza di quel salto. Sempre – almeno io — stiamo tra l’abisso e il cielo, tra il volo e la caduta. Stare costantemente tra queste due possibilità: è questa l’avventura dell’essere umano, e a questo, ne sono certo, c’invita la quaresima. Salta, se vuoi vivere. Molla il tuo personaggio, per quanto rispettabile sia, se vuoi capire il Vangelo di Gesù Cristo.
Tutto inizia quando dici: va bene, salto. Tutto inizia quando dici: forse mi schianterò, ma spero di volare. Basta dire: sì! Sì! Sì! Sì! Mio Dio, sia quel che sia, sì! Con te fino alla fine del mondo. Basta dire a Dio: voglio una vita con te. Non immagino una vita senza te. Ti amo e mi spaventa il mio amore. Penso a te continuamente. Sono eternamente tuo. Ho lo stomaco pieno di farfalle perché mi sono innamorato di te, mio Dio. Succeda quel che succeda, conta su di me. Sono qui, fai di me quel che vuoi. Non m’immagino una vita senza te, non voglio una vita senza te, tu sei la Vita e io non mi muovo dal tuo fianco. Con te sono disposto ad andare all’inferno. Portami all’inferno se vuoi, Signore, ma con te, per favore. Questo è amore. Questo è l’invito della quaresima. Non fermarsi ai surrogati, alle apparenze, ai convenzionalismi, alle cose scontate, a quello che diranno gli altri, quel timore che tanto ci paralizza. L’opinione altrui non ha alcuna importanza, non ha mai importanza. A importare sono solo il tuo cuore, la tua coscienza, la tua obbedienza alla tua coscienza, la tua fedeltà alla tua visione, alla rivelazione di ogni adesso. Quello a cui bisogna convertirsi è la vita, perché è semplicemente la vita che stiamo cercando.
Anche noi, come la vita, siamo meravigliosi, tutti, senza eccezioni. Anche se a volte siamo egoisti o bugiardi, o superbi o pigri: nessuno dei nostri difetti o delle nostre mancanze, per quanto gravi ci appaiano o possano davvero essere, offuscano quella meraviglia che noi siamo. Siamo invitati ad abbracciare queste contraddizioni, ad amarci così come siamo, tanto meravigliosamente imperfetti, tanto sciocchi, tanto maldestri, tanto svegli, tanto meschini o tanto eroici. Tu sei una meraviglia, lui è meraviglioso, lei è meravigliosa, siamo incredibili e ancora non ce ne siamo resi conto. Qualcuno deve venire a dircelo perché lo capiamo una volta per tutte.
La quaresima è un invito a lasciarci alle spalle tante sciocchezze e a renderci conto che siamo una meraviglia. Un invito a innamorarsi della vita e a viverla intensamente. A non andare sempre a mezzo gas. A dire sì, me la gioco, scommetto, mi lancio, sono qui, voglio vivere tutto: l’amore e l’innamoramento, la fede e l’oscurità, la malattia e la morte, voglio vivere tutto perché tutto merita di essere vissuto e perché tutto è o può essere un misterioso cammino verso la pienezza.
Da parte mia, in modo umile ma chiaro, vi dico che voglio vivere questa avventura della vita al vostro fianco. Per me è un privilegio camminare in vostra compagnia. Siete uno specchio nel quale mi piace guardarmi; siete una finestra dalla quale voglio guardare. Ciò a cui bisogna convertirsi è alla vita. È lì che ci aspetta la festa. È questo cammino della quaresima verso quel territorio di festa che è la Pasqua che io desidero fare con te, abbracciando nuove ombre, le tue e le mie, che in fin dei conti sono tanto simili! Inciampando e rialzandoci insieme. Con leggerezza. Con umorismo. Con coraggio. Con umiltà. Con determinazione. Ciò a cui bisogna convertirsi è alla vita. Vieni? Non senti già, perlomeno confusamente e lontanamente, la sorpresa dinanzi allo splendore, allo stupore e alla meraviglia?
L'Osservatore Romano, 5 marzo 2016.