mercoledì 30 settembre 2015

Italia
Nella prolusione del presidente ai lavori del Consiglio permanente della Cei. Per un futuro che non ha bisogno di barriere
L'Osservatore Romano
«A chi ha fame bisogna, innanzitutto, dar da mangiare». È quello delle migrazioni dal Medio oriente uno dei temi centrali della prolusione con cui il cardinale Angelo Bagnasco ha aperto nel pomeriggio di oggi a Firenze — dove tra poco più di un mese si svolgerà il convegno ecclesiale nazionale — i lavori del Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana (Cei).
«Un esodo di disperazione», così definisce l’ondata migratoria il presidente della Cei, che pur riconoscendo, anzi proprio per questo, la complessità della situazione, è tornato a chiedere interventi urgenti e a largo raggio, coinvolgendo dunque le istituzioni internazionali, come per esempio le Nazioni Unite, e misure in grado di incidere positivamente nei Paesi d’origine dei flussi migratori.
«Di fronte a persone che per fuggire alla disperazione rischiano la vita, non si può né stare a guardare con fastidio — come l’Europa ha fatto per anni — né fare i sofisti. La coscienza umana esige di intervenire», ha detto il cardinale Bagnasco, che ha ricordato quanto l’Italia ha fatto «fin dalla prima ora, e continua con impegno, generosità, al meglio del possibile», facendo riferimento all’opera di salvataggio e accoglienza sulle coste siciliane. Adesso, però, «l’onda di piena si allarga poiché il Sud del mondo si è messo in marcia e non è disposto a fermarsi. Sembra essere giunta l’ora della concertazione: vogliamo sperare che tale processo non si fermi e sia nel segno di una gratuità senza calcoli. Così come speriamo che, senza bisogno di barriere, si progetti un futuro sicuro, produttivo e sereno per tutti, per chi ospita come per chi arriva».
Per il presidente della Cei, «il fenomeno richiede di intervenire su un triplice fronte: l’oggi, il domani e i Paesi di provenienza». Quanto all’immediato, il porporato ha ribadito che occorre in primo luogo rispondere all’emergenza, sfamando e assistendo. «Le comunità cristiane lo sanno e operano con trasparenza, lontane da qualunque basso interesse, seguendo le normative delle prefetture», ha osservato Bagnasco. Il secondo fronte «è quello di un futuro di dignità, poiché non si può vivere perennemente da assistiti: ciò richiede condivisione della stessa lingua, lavoro e casa». Infine, «la Comunità internazionale deve concretamente intervenire favorendo lo sviluppo dei Paesi di provenienza, perché nessuno sia costretto a fuggire da guerra, persecuzione e miseria. Tale impegno necessita di risorse ingenti, tempi lunghi e volontà politiche certe. La sfida è grande, ma ineludibile: chi credesse di porvi rimedio attraverso improbabili scorciatoie, sbaglierebbe sul piano etico e sarebbe miope su quello politico». Di qui anche parole di rinnovata gratitudine per l’appello di Papa Francesco che, come è noto, ha invitato ad accogliere una famiglia di immigrati in ogni parrocchia, comunità religiosa, santuario, monastero. «Vogliamo essere in prima fila nel rispondere a questo pressante appello», afferma Bagnasco assicurando che «in questi giorni cercheremo le vie più sicure e praticabili per corrispondere all’appello del Papa, facendo anche una mappa dei migranti che già sono ospitati nelle strutture ecclesiali o sono accompagnati dai nostri volontari in enti non diocesani».
Al tema dell’ondata migratoria è collegato poi anche quello della fuga da situazioni di sanguinosa persecuzione a sfondo religioso o etnico. Una realtà, ricorda Bagnasco citando anche il recente discorso del Pontefice alle Nazioni Unite, che colpisce soprattutto i cristiani. Si tratta, di una «mattanza continua, programmata e feroce sia in Terra santa che in altri Paesi del Medio oriente e del Continente africano». Sembra quasi, si osserva amaramente, che «qualcuno abbia deciso di sradicare i cristiani per bonificare il territorio». Da qui una serie di interrogativi, il primo dei quali è rivolto al mondo occidentale, al quale si chiede «perché non alza la voce su tanta ferocia e ingiustizia?».
Fenomeno migratorio e persecuzioni religiose sono dunque le principali emergenze dell’oggi che vanno lette e affrontate nel «grande orizzonte» dell’ormai imminente giubileo della misericordia. Occorre, cioè, «ricostruire la nostra società alla luce della misericordia, rivedendo le logiche che la reggono. Si tratta di ri-progettare, ri-fondare e ri-costruire un tessuto più umano, fondato sulla fiducia e sulla comprensione». E questo, ovviamente, coinvolge anche l’attenzione che tradizionalmente la Chiesa in Italia rivolge ai poveri, alla famiglia — che va tutelata nei suoi fondamenti antropologici — all’educazione.
L'Osservatore Romano, 1° ottobre 2015