martedì 23 dicembre 2014

Africa
Il cardinale Turkson in Africa. Accanto agli orfani per il virus ebola

L'Osservatore Romano
In Sierra Leone e in Liberia per incoraggiare la lotta contro il virus ebola, stare accanto a quanti stanno soffrendo, con una particolare attenzione al vero dramma umanitario costituito dai tantissimi bambini rimasti orfani. Ecco il senso della missione compiuta nei giorni scorsi nei due Paesi africani dal cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace. Portando l’abbraccio di Papa Francesco, il porporato ha assicurato l’impegno della Chiesa sul campo per venire incontro ai bisogni delle popolazioni.«Abbiamo visitato tutte le diocesi e incontrato i responsabili dei progetti di assistenza della Chiesa e delle organizzazioni internazionali per assistere le popolazioni colpite dal virus» spiega monsignor Robert J. Vitillo, rappresentante di Caritas internationalis presso le Nazioni Unite a Ginevra, che ha accompagnato il cardinale. «Abbiamo incontrato anche i vescovi dei due Paesi e i responsabili delle Caritas nazionali e diocesane» aggiunge, constatando «come la Chiesa sia molto impegnata nel rispondere all’emergenza rappresentata da ebola, specialmente nel mobilitare le persone educandole alla prevenzione». E «le parrocchie hanno un ruolo importante nell’insegnare come impedire la diffusione del virus».
Monsignor Vitillo sottolinea in particolare il dramma dei minori rimasti soli, rendendo noto che «in Sierra Leone ci sono oltre duemilacinquecento ragazzi resi orfani dal virus: le famiglie di origine li respingono perché temono che possano essere fonte di contagio». La Chiesa ha attivato «alcuni progetti»: in particolare i salesiani, nei pressi di Freetown, in Sierra Leone, hanno accolto centoventi ragazzi «per poi cercare di farli riaccettare dalle famiglie». Urgente è anche la questione delle «famiglie poste in quarantena sanitaria che non hanno i mezzi per comprare gli alimenti». Proprio per venire incontro a queste situazioni «le parrocchie si sono organizzate per portare loro il cibo». Ma «il lavoro più importante è sul lungo periodo, per combattere la stigmatizzazione sociale di coloro che sono sopravvissuti».
L'Osservatore Romano, 24 dicembre 2014.