Domani Bertone va in pensione, in Vaticano inizia l'era Parolin
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(Iacopo Scaramuzzi) Sostengono i maligni che neppure Benedetto XVI gradisca più la sua compagnia. Di certo il cardinale Tarcisio Bertone, 79 anni il prossimo due dicembre, va in pensione, domani, lasciando alle spalle molti malumori e nemici. Altrettanto certamente il porporato salesiano lascia il ruolo di segretario di Stato di Sua Santità, assunto il 15 settembre del 2006, dopo sette anni che sarebbero stati difficili per chiunque.
Il nuovo segretario di Stato, mons. Pietro Parolin - quanto di più lontano per temperamento e cultura dal suo predecessore - nominato il 31 agosto scorso, prende possesso domani del suo ufficio. In quest'occasione, Papa Francesco riceve in udienza superiori ed officiali della segreteria di Stato, per ringraziare pubblicamente il cardinale Bertone per il suo "fedele e generoso servizio alla Santa Sede", recita la formula ufficiale, "e per presentare loro il nuovo segretario di Stato". Il quale, in realtà, non è affatto nuovo negli uffici della seconda loggia del palazzo apostolico, dove ha efficacemente ricoperto il ruolo discreto e influente di sottosegretario per i rapporti con gli Stati (vice-ministro degli Esteri) dal 30 novembre 2002 al 17 agosto 2009, quando Benedetto XVI, su consiglio di Bertone, lo spedì nella lontana nunziatura del Venezuela da dove ora fa rientro.
Quando intralcio, quando parafulmine del pontificato di Joseph Ratzinger, che lo scelse sulla scorta della amicizia nata all'epoca in cui l'uno era prefetto, l'altro segretario, della congregazione per la Dottrina della fede, Bertone fu accolto fin dai suoi primi passi dall'ostilità di ampi settori del Vaticano. A partire da quel "partito dei nunzi apostolici", capeggiato dal suo predecessore Angelo Sodano, che non gli perdonò mai di non essere un diplomatico né nella formazione (è un canonista) né nello stile. A mo di sgarbo, peraltro, Sodano lasciò l'appartamento del segretario di Stato al suo successore solo diversi mesi dopo la data del pensionamento. Per Bertone, invece, sarebbe già pronto un ampio appartamento all'interno delle mura vaticane. Se nel corso degli anni non sono mancati alcuni successi (c'era Bertone, ad esempio, dietro il viaggio del Papa a Cuba), il suo fu un battesimo di fuoco: entrò in carica pochi giorni dopo che Benedetto XVI aveva pronunciato, a Ratisbona, un discorso che fece infuriare molti esponenti dell'islam mondiale e trascorse le sue prime settimane a sedare le polemiche. In quanto responsabile della burocrazia vaticana, ha gestito - male, secondo i suoi detrattori - gli incidenti in cui è incorso il governo di Joseph Ratzinger, Papa teologo schivo e refrattario alla politica e agli affari: nomine episcopali sbagliate, frizioni con il mondo ebraico, le polemiche scaturite dal tentativo di Benedetto XVI di reintegrare i lefebvriani. Quando nel 2010 esplose lo scandalo della pedofilia, mentre Benedetto XVI adottava sempre più una linea intransigente, dal passato emersero prese di posizioni poco chiare di Bertone, che suscitò alcune critiche anche per aver associato gli abusi sui minori alla omosessualità.
Il cardinale Bertone, peraltro, tentò di esautorare la Conferenza episcopale italiana assumendo la titolarità dei rapporti con la politica italiana. Con Bertone in Vaticano il potente cardinale Camillo Ruini è andato in pensione, ma la cordialità che ha caratterizzato i rapporti di Bertone prima con Romano Prodi, poi con Silvio Berlusconi, non hanno emarginato il successore di Ruini, il cardinale Angelo Bagnasco.
Lo stile esuberante e decisionista del segretario di Stato di Ratzinger, già emerso all'epoca in cui era arcivescovo di Genova, ha poi suscitato una crescente ostilità dentro il Vaticano, anche da parte di personalità che egli stesso aveva chiamato a Roma. L'acronimo dei salesiani, Sdb, "società di don Bosco", è divenuta, nelle battute di corridoio che esprimevano il malumore per uno spoils system percepito come prepotente, "sono di Bertone". Il porporato avviò il processo di trasparenza finanziaria sullo Ior, ma si scontrò presto con altri big vaticani in una battaglia che si concluse con il licenziamento di Ettore Gotti Tedeschi, nel frattempo riabilitato dalla magistratura romana. Anche il suo tentativo di creare un polo ospedaliero che coinvolgesse il Gemelli e il Bambino Gesù di Roma, il San Raffaele di Milano, l'osepdale di padre Pio a San Giovanni rotondo e magari i nosocomi dei concezionisti (Idi, San Carlo di Nancy), non ha avuto esito. Il braccio destro di Benedetto XVI ruppe gli equilibri consolidati negli ultimi, lunghi anni di Giovanni Paolo II tra i maggiorenti di quel pontificato. La fronda, alimentata dalla difficoltà di parlare direttamente con il Pontefice regnante, tracimò nella fuga di documenti riservati (Vatileaks) che si concluse, almeno giudiziariamente, con l'arresto del maggiordomo del Papa, Paolo Gabriele, poi graziato.
Papa Benedetto XVI ha sempre difeso, durante il suo regno, il principale collaboratore: Anche quando, privatamente, cardinali di peso come Ruini, Scola, Schoenborn, Bagnasco, Meisner, gli hanno chiesto, in colloqui poi finiti sulla stampa, la testa di Bertone. Al Conclave del marzo scorso seguito alla rinuncia di Joseph Ratzinger, però, le critiche nei confronti della gestione-Bertone non sono mancate. Ed era inevitabile che, dopo i primi mesi, il nuovo Papa, eletto per rilanciare la Chiesa cattolica mondiale e purificare il Vaticano, sostituisse Bertone - che pure rimane Camerlengo di Santa Romana Chiesa e presidente della commissione cardinalizia di vigilanza dello Ior - con un nuovo segretario di Stato. Nella storia della Chiesa - ricorda il sito specializzato 'Il sismografo' - se si prende come punto di riferimento Papa Paolo V che nominò suo Segretario "intimus" il cardinale-nipote Scipione Caffarelli-Borghese nel 1605, mons. Parolin sarà il 59esimo segretario di Stato. A partire di Caffarelli-Borghese, il segretario di Stato è stato sempre un cardinale (nel momento della nomina o subito dopo). Alcuni sono stati Segretari di Stato di due o tre Papi e altri sono stati nominati più di una volta. Tra questi 59 segretari di Stato solo due erano non-italiani: Rafael Merry del Val y Zuleta, spagnolo, e Jean-Marie Villot, francese.
Mons. Parolin è nato a Schiavon (Vicenza) il 17 gennaio 1955. Lì torna ogni anno per passare un po di tempo con l'anziana madre, come ha fatto anche nei giorni scorsi. E' stato ordinato sacerdote il 27 aprile 1980 e incardinato nella diocesi di Vicenza. E' laureato in Diritto canonico. Entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede il primo luglio 1986, ha prestato la propria opera presso le rappresentanze pontificie in Nigeria e in Messico e presso la Sezione per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato. Oltre all`italiano, conosce il francese, l`inglese e lo spagnolo. Nel periodo da vice-ministro degli Esteri (2002-2009) si è distinto su dossier delicati come i rapporti con la Cina (giungendo a un soffio da un accordo bilaterale storico) con il Vietnam e con la Russia, in una sorta di Ostpolitik che ricorda il cardinale Agostino Casaroli. E ancora, nelle relazioni con il mondo ebraico e lo Stato di Israele. Ma anche nei confronti con il mondo arabo, le cui "primavere arabe" ha però visto da lontano quando era ormai nunzio in Venezuela, dove è giunto dopo essere stato elevato da Benedetto XVI alla sede titolare di Acquapendente con dignità arcivescovile. Nel paese latino-americano ha gestito i non facili rapporti tra la Chiesa cattolica e il presidente Hugo Chavez negli ultimi anni di vita.
Carattere cordiale, diplomatico di rango (ha ricevuto l'apprezzamento dell'autorevole cardinale Jean-Louis Tauran) e "bravo prete", come ripete chi lo conosce a Roma, in una sua intervista rilasciata nelle settimane scorse ha al quotidiano del Venezuela El Universal ha toccato temi delicati come la corruzione, la pedofilia, la necessaria "democratizzazione" della Chiesa. Quanto al celibato obbligatorio dei sacerdoti, "non è un dogma della Chiesa e se ne può discutere perché si tratta di una tradizione ecclesiastica che risale ai primi secoli", ha detto. "Lo sforzo fatto dalla Chiesa di emanare il celibato ecclesiastico deve essere tenuto in considerazione. Nessuno può dire semplicemente che riguarda il passato. E' una grande sfida per il Papa perché ha il ministero dell`unità e tutte queste decisioni devono essere assunte come un modo per unire la Chiesa, non per dividerla. Poi si può parlare, riflettere e approfondire su queste tematiche che non sono articoli di fede e pensare ad alcune modifiche, ma sempre al servizio dell`unità e tutto nella volontà di Dio".
Una libertà di parola che riflette il nuovo clima instaurato dal nuovo Papa. Che, peraltro, lo stesso Parolin ha rivelato di aver conosciuto Bergoglio solo una volta, quando l`arcivescovo Bergoglio andò nel suo ufficio di Sottosegretario per i rapporti con gli Stati per questioni che avevano a che vedere con l`Argentina. "La verità è che non ho parlato molto con lui e penso che quando avrò la grazia e l`opportunità gli chiederò il perché di questa scelta", ha detto Parolin. "Posso dire, questo sì, che mi sento molto affine al suo modo di intendere la Chiesa e soprattutto al suo stile di semplicità e di vicinanza alle persone, alla sua maniera di ascoltare e cercare di fare in modo, sul serio, che la Chiesa ritorni ad avere una presenza significativa nel mondo di oggi". Così come un'affinità particolare mons. Parolin sente verso Giovanni Paolo I. Del quale, in un'omelia di commemorazione recentemente ripubblicata su Avvenire e commentata dalla giornalista Stefania Falasca, Parolin diceva, tra l'altro: "Non vorrei tralasciare di menzionare la sensibilità che papa Luciani aveva per il tema della povertà del Sud del mondo. Non so, se come ho trovato riportato da qualche parte, egli avesse davvero l`intenzione di scrivere un`enciclica su 'I poveri e la povertà nel mondo', che la morte gli avrebbe poi impedito di fare, ma, prendendo possesso della sua Cattedrale di San Giovanni in Laterano non mancò di accennare alla questione: 'Roma sarà una vera comunità cristiana se Dio vi sarà onorato non solo con l`affluenza dei fedeli alle chiese, non solo con la vita privata vissuta morigeratamente, ma anche con l`amore ai poveri'".
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Il nuovo segretario di Stato, mons. Pietro Parolin - quanto di più lontano per temperamento e cultura dal suo predecessore - nominato il 31 agosto scorso, prende possesso domani del suo ufficio. In quest'occasione, Papa Francesco riceve in udienza superiori ed officiali della segreteria di Stato, per ringraziare pubblicamente il cardinale Bertone per il suo "fedele e generoso servizio alla Santa Sede", recita la formula ufficiale, "e per presentare loro il nuovo segretario di Stato". Il quale, in realtà, non è affatto nuovo negli uffici della seconda loggia del palazzo apostolico, dove ha efficacemente ricoperto il ruolo discreto e influente di sottosegretario per i rapporti con gli Stati (vice-ministro degli Esteri) dal 30 novembre 2002 al 17 agosto 2009, quando Benedetto XVI, su consiglio di Bertone, lo spedì nella lontana nunziatura del Venezuela da dove ora fa rientro.
Quando intralcio, quando parafulmine del pontificato di Joseph Ratzinger, che lo scelse sulla scorta della amicizia nata all'epoca in cui l'uno era prefetto, l'altro segretario, della congregazione per la Dottrina della fede, Bertone fu accolto fin dai suoi primi passi dall'ostilità di ampi settori del Vaticano. A partire da quel "partito dei nunzi apostolici", capeggiato dal suo predecessore Angelo Sodano, che non gli perdonò mai di non essere un diplomatico né nella formazione (è un canonista) né nello stile. A mo di sgarbo, peraltro, Sodano lasciò l'appartamento del segretario di Stato al suo successore solo diversi mesi dopo la data del pensionamento. Per Bertone, invece, sarebbe già pronto un ampio appartamento all'interno delle mura vaticane. Se nel corso degli anni non sono mancati alcuni successi (c'era Bertone, ad esempio, dietro il viaggio del Papa a Cuba), il suo fu un battesimo di fuoco: entrò in carica pochi giorni dopo che Benedetto XVI aveva pronunciato, a Ratisbona, un discorso che fece infuriare molti esponenti dell'islam mondiale e trascorse le sue prime settimane a sedare le polemiche. In quanto responsabile della burocrazia vaticana, ha gestito - male, secondo i suoi detrattori - gli incidenti in cui è incorso il governo di Joseph Ratzinger, Papa teologo schivo e refrattario alla politica e agli affari: nomine episcopali sbagliate, frizioni con il mondo ebraico, le polemiche scaturite dal tentativo di Benedetto XVI di reintegrare i lefebvriani. Quando nel 2010 esplose lo scandalo della pedofilia, mentre Benedetto XVI adottava sempre più una linea intransigente, dal passato emersero prese di posizioni poco chiare di Bertone, che suscitò alcune critiche anche per aver associato gli abusi sui minori alla omosessualità.
Il cardinale Bertone, peraltro, tentò di esautorare la Conferenza episcopale italiana assumendo la titolarità dei rapporti con la politica italiana. Con Bertone in Vaticano il potente cardinale Camillo Ruini è andato in pensione, ma la cordialità che ha caratterizzato i rapporti di Bertone prima con Romano Prodi, poi con Silvio Berlusconi, non hanno emarginato il successore di Ruini, il cardinale Angelo Bagnasco.
Lo stile esuberante e decisionista del segretario di Stato di Ratzinger, già emerso all'epoca in cui era arcivescovo di Genova, ha poi suscitato una crescente ostilità dentro il Vaticano, anche da parte di personalità che egli stesso aveva chiamato a Roma. L'acronimo dei salesiani, Sdb, "società di don Bosco", è divenuta, nelle battute di corridoio che esprimevano il malumore per uno spoils system percepito come prepotente, "sono di Bertone". Il porporato avviò il processo di trasparenza finanziaria sullo Ior, ma si scontrò presto con altri big vaticani in una battaglia che si concluse con il licenziamento di Ettore Gotti Tedeschi, nel frattempo riabilitato dalla magistratura romana. Anche il suo tentativo di creare un polo ospedaliero che coinvolgesse il Gemelli e il Bambino Gesù di Roma, il San Raffaele di Milano, l'osepdale di padre Pio a San Giovanni rotondo e magari i nosocomi dei concezionisti (Idi, San Carlo di Nancy), non ha avuto esito. Il braccio destro di Benedetto XVI ruppe gli equilibri consolidati negli ultimi, lunghi anni di Giovanni Paolo II tra i maggiorenti di quel pontificato. La fronda, alimentata dalla difficoltà di parlare direttamente con il Pontefice regnante, tracimò nella fuga di documenti riservati (Vatileaks) che si concluse, almeno giudiziariamente, con l'arresto del maggiordomo del Papa, Paolo Gabriele, poi graziato.
Papa Benedetto XVI ha sempre difeso, durante il suo regno, il principale collaboratore: Anche quando, privatamente, cardinali di peso come Ruini, Scola, Schoenborn, Bagnasco, Meisner, gli hanno chiesto, in colloqui poi finiti sulla stampa, la testa di Bertone. Al Conclave del marzo scorso seguito alla rinuncia di Joseph Ratzinger, però, le critiche nei confronti della gestione-Bertone non sono mancate. Ed era inevitabile che, dopo i primi mesi, il nuovo Papa, eletto per rilanciare la Chiesa cattolica mondiale e purificare il Vaticano, sostituisse Bertone - che pure rimane Camerlengo di Santa Romana Chiesa e presidente della commissione cardinalizia di vigilanza dello Ior - con un nuovo segretario di Stato. Nella storia della Chiesa - ricorda il sito specializzato 'Il sismografo' - se si prende come punto di riferimento Papa Paolo V che nominò suo Segretario "intimus" il cardinale-nipote Scipione Caffarelli-Borghese nel 1605, mons. Parolin sarà il 59esimo segretario di Stato. A partire di Caffarelli-Borghese, il segretario di Stato è stato sempre un cardinale (nel momento della nomina o subito dopo). Alcuni sono stati Segretari di Stato di due o tre Papi e altri sono stati nominati più di una volta. Tra questi 59 segretari di Stato solo due erano non-italiani: Rafael Merry del Val y Zuleta, spagnolo, e Jean-Marie Villot, francese.
Mons. Parolin è nato a Schiavon (Vicenza) il 17 gennaio 1955. Lì torna ogni anno per passare un po di tempo con l'anziana madre, come ha fatto anche nei giorni scorsi. E' stato ordinato sacerdote il 27 aprile 1980 e incardinato nella diocesi di Vicenza. E' laureato in Diritto canonico. Entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede il primo luglio 1986, ha prestato la propria opera presso le rappresentanze pontificie in Nigeria e in Messico e presso la Sezione per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato. Oltre all`italiano, conosce il francese, l`inglese e lo spagnolo. Nel periodo da vice-ministro degli Esteri (2002-2009) si è distinto su dossier delicati come i rapporti con la Cina (giungendo a un soffio da un accordo bilaterale storico) con il Vietnam e con la Russia, in una sorta di Ostpolitik che ricorda il cardinale Agostino Casaroli. E ancora, nelle relazioni con il mondo ebraico e lo Stato di Israele. Ma anche nei confronti con il mondo arabo, le cui "primavere arabe" ha però visto da lontano quando era ormai nunzio in Venezuela, dove è giunto dopo essere stato elevato da Benedetto XVI alla sede titolare di Acquapendente con dignità arcivescovile. Nel paese latino-americano ha gestito i non facili rapporti tra la Chiesa cattolica e il presidente Hugo Chavez negli ultimi anni di vita.
Carattere cordiale, diplomatico di rango (ha ricevuto l'apprezzamento dell'autorevole cardinale Jean-Louis Tauran) e "bravo prete", come ripete chi lo conosce a Roma, in una sua intervista rilasciata nelle settimane scorse ha al quotidiano del Venezuela El Universal ha toccato temi delicati come la corruzione, la pedofilia, la necessaria "democratizzazione" della Chiesa. Quanto al celibato obbligatorio dei sacerdoti, "non è un dogma della Chiesa e se ne può discutere perché si tratta di una tradizione ecclesiastica che risale ai primi secoli", ha detto. "Lo sforzo fatto dalla Chiesa di emanare il celibato ecclesiastico deve essere tenuto in considerazione. Nessuno può dire semplicemente che riguarda il passato. E' una grande sfida per il Papa perché ha il ministero dell`unità e tutte queste decisioni devono essere assunte come un modo per unire la Chiesa, non per dividerla. Poi si può parlare, riflettere e approfondire su queste tematiche che non sono articoli di fede e pensare ad alcune modifiche, ma sempre al servizio dell`unità e tutto nella volontà di Dio".
Una libertà di parola che riflette il nuovo clima instaurato dal nuovo Papa. Che, peraltro, lo stesso Parolin ha rivelato di aver conosciuto Bergoglio solo una volta, quando l`arcivescovo Bergoglio andò nel suo ufficio di Sottosegretario per i rapporti con gli Stati per questioni che avevano a che vedere con l`Argentina. "La verità è che non ho parlato molto con lui e penso che quando avrò la grazia e l`opportunità gli chiederò il perché di questa scelta", ha detto Parolin. "Posso dire, questo sì, che mi sento molto affine al suo modo di intendere la Chiesa e soprattutto al suo stile di semplicità e di vicinanza alle persone, alla sua maniera di ascoltare e cercare di fare in modo, sul serio, che la Chiesa ritorni ad avere una presenza significativa nel mondo di oggi". Così come un'affinità particolare mons. Parolin sente verso Giovanni Paolo I. Del quale, in un'omelia di commemorazione recentemente ripubblicata su Avvenire e commentata dalla giornalista Stefania Falasca, Parolin diceva, tra l'altro: "Non vorrei tralasciare di menzionare la sensibilità che papa Luciani aveva per il tema della povertà del Sud del mondo. Non so, se come ho trovato riportato da qualche parte, egli avesse davvero l`intenzione di scrivere un`enciclica su 'I poveri e la povertà nel mondo', che la morte gli avrebbe poi impedito di fare, ma, prendendo possesso della sua Cattedrale di San Giovanni in Laterano non mancò di accennare alla questione: 'Roma sarà una vera comunità cristiana se Dio vi sarà onorato non solo con l`affluenza dei fedeli alle chiese, non solo con la vita privata vissuta morigeratamente, ma anche con l`amore ai poveri'".
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