Francesco alla Pontificia Accademia ecclesiastica. Dialogo e condivisione
L'Osservatore Romano
Accogliere Papa Francesco e vivere con lui un momento di intensa preghiera, di fraterno incontro e di condivisione attorno alla mensa, è un’esperienza che lascia un segno e arricchisce da un punto di vista umano, cristiano e sacerdotale. È quanto hanno vissuto gli alunni della Pontificia Accademia ecclesiastica venerdì pomeriggio, 26 maggio.
Anche quest’anno, infatti, il Pontefice ha voluto visitare in forma privata questa comunità, formata, attualmente, da 33 sacerdoti, provenienti da vari paesi, che si preparano a esercitare il ministero nelle rappresentanze pontificie: un gesto paterno che manifesta l’attenzione del Papa per l’Accademia e soprattutto per il cammino di questi giovani che in essa si formano per “costruire ponti” nel mondo ed essere uno degli strumenti di unità e di comunione del Successore di Pietro nelle Chiese particolari, nella società civile e nella comunità internazionale.
Non si è trattato di una visita “formale”, ma di un incontro atteso e segnato da un clima di familiarità, di gioia e di semplicità. Francesco è giunto verso le 18. A riceverlo l’arcivescovo presidente Giampiero Gloder, i superiori, gli alunni e le suore di Marta e Maria, che prestano il loro prezioso servizio nella casa. Ha presieduto, poi, la preghiera dei vespri, celebrati come di consueto, e ha salutato con affetto uno per uno i sacerdoti.
Subito dopo, la comunità ha vissuto un intenso momento di dialogo su varie tematiche che hanno riguardato il servizio diplomatico della Santa Sede, la vita della Chiesa e i problemi della realtà attuale. Il Vescovo di Roma non ha tenuto un discorso, ma ha risposto alle domande che gli venivano poste. La prima ha fatto riferimento all’immagine della Chiesa come “ospedale da campo”, da lui spesso utilizzata. Il Papa ha offerto una lettura della situazione in cui si troveranno a esercitare il loro ministero i sacerdoti dell’Accademia: un’umanità ricca di testimoni, martiri e santi, ma anche un’umanità “ferita” da una guerra mondiale “a pezzi”; dal crescente traffico di armi; da un sistema economico che non pone al centro la persona, ma l’interesse; da una “cultura dello scarto” che colpisce in particolare anziani e giovani; dalla tragedia delle migrazioni e del traffico delle persone. Di fronte a queste emergenze che caratterizzano la società, la Chiesa è in prima linea per lenire le ferite con spirito materno e creatività; e anche il rappresentante pontificio deve essere uno strumento per realizzare questo tipo di presenza in tutto il mondo.
Il Papa ha poi evidenziato come anche il servizio diplomatico della Santa Sede sia al servizio dell’evangelizzazione che è al centro della missione della Chiesa: a questo proposito è importante la testimonianza della vita come parte essenziale dell’annuncio perché la Chiesa non cresce per proselitismo, ma per attrazione. Tra gli atteggiamenti di fondo da coltivare, anche per il rappresentante pontificio, Francesco ha indicato quello della vicinanza concreta, del dialogo fatto con umiltà e mitezza, dell’ascolto attento e della parola chiara e persuasiva.
Il Papa, guardando alla vita futura di questi giovani sacerdoti, che saranno sempre con la valigia in mano, non ha taciuto le difficoltà che incontreranno, soprattutto il rischio di cedere a una “mondanità spirituale” che inaridisce il ministero, e ha indicato come rimedi mantenere una preghiera profonda e costante, praticare un discernimento attento e ponderato e coltivare la prudenza, virtù fondamentale per tutti, ma soprattutto per i pastori, chiamati a guidare, accompagnare e ascoltare il popolo santo di Dio.
Ha poi incoraggiato gli alunni dell’Accademia, assicurandoli della cura particolare che riserva a questa casa e a tutti coloro che operano nelle rappresentanze pontificie. L’immediatezza, la familiarità, l’affetto con cui il Papa si è intrattenuto con la comunità sono state una testimonianza viva ed efficace del tratto umano e sacerdotale che deve animare quanti nella Chiesa sono chiamati a essere pastori del gregge del Signore.
Nell’ora e mezza di dialogo, Francesco ha affrontati molti altri temi che interessano la vita della Chiesa e della società con grande libertà e offrendo una visione profondamente radicata nella tradizione della Chiesa, in modo speciale nel concilio ecumenico Vaticano II.
Al termine dell’incontro, il Papa ha condiviso la cena con gli accademici e i superiori e, dopo qualche foto, ha salutato di nuovo, personalmente, i giovani sacerdoti e fatto ritorno in Vaticano.
L'Osservatore Romano, 27-28 maggio 2017
Anche quest’anno, infatti, il Pontefice ha voluto visitare in forma privata questa comunità, formata, attualmente, da 33 sacerdoti, provenienti da vari paesi, che si preparano a esercitare il ministero nelle rappresentanze pontificie: un gesto paterno che manifesta l’attenzione del Papa per l’Accademia e soprattutto per il cammino di questi giovani che in essa si formano per “costruire ponti” nel mondo ed essere uno degli strumenti di unità e di comunione del Successore di Pietro nelle Chiese particolari, nella società civile e nella comunità internazionale.
Non si è trattato di una visita “formale”, ma di un incontro atteso e segnato da un clima di familiarità, di gioia e di semplicità. Francesco è giunto verso le 18. A riceverlo l’arcivescovo presidente Giampiero Gloder, i superiori, gli alunni e le suore di Marta e Maria, che prestano il loro prezioso servizio nella casa. Ha presieduto, poi, la preghiera dei vespri, celebrati come di consueto, e ha salutato con affetto uno per uno i sacerdoti.
Subito dopo, la comunità ha vissuto un intenso momento di dialogo su varie tematiche che hanno riguardato il servizio diplomatico della Santa Sede, la vita della Chiesa e i problemi della realtà attuale. Il Vescovo di Roma non ha tenuto un discorso, ma ha risposto alle domande che gli venivano poste. La prima ha fatto riferimento all’immagine della Chiesa come “ospedale da campo”, da lui spesso utilizzata. Il Papa ha offerto una lettura della situazione in cui si troveranno a esercitare il loro ministero i sacerdoti dell’Accademia: un’umanità ricca di testimoni, martiri e santi, ma anche un’umanità “ferita” da una guerra mondiale “a pezzi”; dal crescente traffico di armi; da un sistema economico che non pone al centro la persona, ma l’interesse; da una “cultura dello scarto” che colpisce in particolare anziani e giovani; dalla tragedia delle migrazioni e del traffico delle persone. Di fronte a queste emergenze che caratterizzano la società, la Chiesa è in prima linea per lenire le ferite con spirito materno e creatività; e anche il rappresentante pontificio deve essere uno strumento per realizzare questo tipo di presenza in tutto il mondo.
Il Papa ha poi evidenziato come anche il servizio diplomatico della Santa Sede sia al servizio dell’evangelizzazione che è al centro della missione della Chiesa: a questo proposito è importante la testimonianza della vita come parte essenziale dell’annuncio perché la Chiesa non cresce per proselitismo, ma per attrazione. Tra gli atteggiamenti di fondo da coltivare, anche per il rappresentante pontificio, Francesco ha indicato quello della vicinanza concreta, del dialogo fatto con umiltà e mitezza, dell’ascolto attento e della parola chiara e persuasiva.
Il Papa, guardando alla vita futura di questi giovani sacerdoti, che saranno sempre con la valigia in mano, non ha taciuto le difficoltà che incontreranno, soprattutto il rischio di cedere a una “mondanità spirituale” che inaridisce il ministero, e ha indicato come rimedi mantenere una preghiera profonda e costante, praticare un discernimento attento e ponderato e coltivare la prudenza, virtù fondamentale per tutti, ma soprattutto per i pastori, chiamati a guidare, accompagnare e ascoltare il popolo santo di Dio.
Ha poi incoraggiato gli alunni dell’Accademia, assicurandoli della cura particolare che riserva a questa casa e a tutti coloro che operano nelle rappresentanze pontificie. L’immediatezza, la familiarità, l’affetto con cui il Papa si è intrattenuto con la comunità sono state una testimonianza viva ed efficace del tratto umano e sacerdotale che deve animare quanti nella Chiesa sono chiamati a essere pastori del gregge del Signore.
Nell’ora e mezza di dialogo, Francesco ha affrontati molti altri temi che interessano la vita della Chiesa e della società con grande libertà e offrendo una visione profondamente radicata nella tradizione della Chiesa, in modo speciale nel concilio ecumenico Vaticano II.
Al termine dell’incontro, il Papa ha condiviso la cena con gli accademici e i superiori e, dopo qualche foto, ha salutato di nuovo, personalmente, i giovani sacerdoti e fatto ritorno in Vaticano.
L'Osservatore Romano, 27-28 maggio 2017